Nelle proteste della scorsa settimana contro la sentenza ai leader indipendentisti catalani si sono registrati molti incidenti che hanno coinvolto giornalisti e operatori dell’informazione.
Si tratta di episodi avvenuti in Catalogna, in particolare a Barcellona, e in altri luoghi come la capitale Madrid, che si sono concentrati soprattutto lo scorso venerdì, dopo la grande marcia di protesta a Barcellona e in occasione della manifestazione madrilena di solidarietà, ma che sono iniziati col debutto delle proteste all’aeroporto barcellonese di El Prat del 14 ottobre, protraendosi per tutta la settimana.
Dall’inizio delle manifestazioni, il 14 ottobre, almeno 65 giornalisti sono stati coinvolti in episodi di diverso tipo. A volte sono stati incidenti casuali, durante i tafferugli che stavano seguendo. In alcune occasioni, gli operatori dei media in quanto tali sono stati fatti oggetto di episodi aggressivi ad opera di manifestanti contro la sentenza ma anche di gruppi di estrema destra che – a Barcellona, Madrid, Girona e Valencia – si sono resi protagonisti di aggressioni verso manifestanti, semplici cittadini e giornalisti. Ma la maggior parte degli episodi, e quelli dalle più gravi conseguenze, sono però avvenuti ad opera di rappresentanti delle forze dell’ordine.
Manganellate, lacrimogeni, pallottole di gomma o proiettili di foam – utilizzati in Catalogna al posto delle pallottole di gomma, considerati meno pericolosi in quanto dalla balistica più controllabile – hanno colpito operatori dei media perfettamente riconoscibili, con bracciali e giubbetti con visibili scritte che ne indicavano il ruolo. Numerosi sono stati gli episodi di intimidazione, minacce, allontanamenti ingiustificati. Si sono registrate anche vere e proprie cariche contro gruppi di giornalisti chiaramente riconoscibili e un fotoreporter El País è stato brutalmente arrestato.
A raccogliere gli episodi è stata principalmente Media.Cat – un Osservatorio critico dei media, nato su impulso del Grup de Periodistes Ramon Barnill, associazione di giornalisti catalani che lavora in difesa del rigore e della professionalità giornalistica -, con integrazioni da altre fonti di diverse sigle sindacali di categoria e singoli professionisti. I dati raccolti hanno sostanziato una denuncia, presentata dalle Federazioni Europea e Internazionale dei giornalisti – EFJ/IFJ su impulso del Sindacato dei giornalisti di Catalogna, davanti al Consiglio d’Europa, concretamente alla Piattaforma di protezione del giornalismo e sicurezza dei giornalisti.
Le due federazioni internazionali chiedono che il consigliere dell’Interno della Generalitat catalana, Miquel Buch, e il ministro dell’Interno spagnolo, Fernando Grande-Marlaska, aprano un’inchiesta ufficiale per chiarire le aggressioni ai professionisti dell’informazione. Nella sua ultima dichiarazione pubblica Marlaska non ha fatto cenno alle denunce dei sindacati dei giornalisti, limitandosi a affermare, in relazione alle accuse di brutalità poliziesca, che la polizia ha sempre «agito con proporzionalità» e che dietro agli incidenti ci sia esclusivamente «senza nessun dubbio l’indipendentismo violento».
Quando si coprono eventi simili si corrono sempre dei rischi. Restare coinvolti in una carica è sempre possibile. In queste manifestazioni si è verificato anche un deprecabile aumento di aggressioni ai giornalisti. Urla di insulti, lancio di oggetti quando non irruzioni fisiche, hanno reso difficile, e a volte impedito, di fare i collegamenti in diretta, costituendo già di per sé una grave lesione del diritto di cronaca e del diritto della cittadinanza a essere informata. Ma quello che le associazioni di giornalisti denunciano è l’aggressione volontaria da parte delle forze di polizia contro professionisti dell’informazione al lavoro. Un’accusa grave ma suffragata da numerose testimonianze. Le cifre sono impietose: di tutti gli episodi di violenza ai danni di giornalisti registrati ben il 72,3% vengono attribuiti alle forze dell’ordine, il 16.9% non vengono attribuiti, il 7,69% sono a carico di manifestanti e il 3% di estremisti di destra.
Tra gli episodi più clamorosi spiccano la carica avvenuta a Madrid nella tarda serata del 19 contro un gruppo di giornalisti di diverse testate, documentata da numerosi video e testimonianze.
Il giorno prima un gruppo di giornalisti perfettamente riconoscibili erano stati oggetto di scariche di pallottole Foam. Carlos Márquez Daniel, del quotidiano El Periódico, colpito da una pallottola, denuncia che il fuoco è stato diretto verso il gruppo di giornalisti, chiaramente riconoscibili come tali, mentre stavano documentando i “caroselli” fatti dagli automezzi per disperdere la folla, una pratica vietata dai regolamenti interni di polizia.
Anche il fotoreporter d’El País, Albert Garcia, è stato fermato con brutalità, ammanettato e tratto in arresto mentre fotografava un fermo violento, malgrado fosse identificabile e numerosi colleghi intervenissero in sua difesa. Quando dei colleghi si sono presentati al posto di polizia dove era stato portato per protestare gli agenti hanno risposto: «Noi siamo poliziotti e possiamo fare quello che vogliamo. Siamo la legge». Le fasi dell’aggressione al collega sono guardabili qui.
Una raccolta di testimonianze di diversi episodi di violenza poliziesca avvenuti in Catalogna è consultabile su questa pagina di Media.Cat.
Martedì scorso nella Plaza Catalunya di Barcellona si è tenuta una concentrazione di giornalisti per protestare contro il comportamento delle forze di polizia. Oltre duecento persone, in prima linea i fotoreporter, hanno manifestato con lo slogan Prou agressions (Basta aggressioni), convocate da associazioni e sindacati con la regia della Federación de Sindicatos de Periodistas (FeSP).
Nell’occasione è stato presentato un manifesto, «Senza giornalismo non c’è democrazia», sottoscritto da diverse entità, associazioni, sindacati, comitati di redazione. Nel testo si lancia un «grido d’allarme davanti al deterioramento della libertà di espressione e di stampa. Ogni volta che qualcuno ostacola il lavoro di un giornalista sta attentando contro il sistema democratico».
«La cifra di 65 giornalisti vittime di episodi di violenza – prosegue il manifesto – è assolutamente intollerabile. Condanniamo specialmente l’azione dei corpi di polizia tanto dei Mossos d’Esquadra [la polizia catalana] come della Polizia nazionale. La maggior parte dei lavoratori dell’informazione aggrediti erano perfettamente identificabili come tali col corrispondente giubbetto e/o il bracciale arancione. L’arbitrarietà di molte interventi di polizia fa pensare che queste aggressioni abbiano come obiettivo intimidire i giornalisti per allontanarli dei luoghi dove si producono i fatti e evitare testimoni di abusi che possano essere commessi».
Nella scorsa settimana numerosissimi documenti videofotografici hanno testimoniato la durezza dell’operato delle forze di polizia. Cariche innecessarie, pestaggi, provocazioni, fermi violenti sono stati denunciati da manifestanti, associazioni, semplici cittadini. Il dibattito pubblico si è centrato sulle violenze dei manifestanti, anche perché queste costituiscono un inedito nella storia delle proteste indipendentiste catalane. Ma anche le azioni sproporzionate delle forze di pubblica sicurezza costituiscono un grave salto di qualità nella risposta repressiva del governo. Il numero delle aggressioni ai professionisti dell’informazione testimonia indirettamente come le denunce della brutalità poliziesca non siano infondate.