A Roma questo tormentone non si riferisce ai petali di un fiore, ma allo stato comatoso dell’azienda municipale, che si occupa – o dovrebbe – di rifiuti. Se il cda è in crisi, noi cittadini lo annusiamo subito. Non è una metafora, ma la puzza dei cassonetti pieni, che rimangono a fermentare per giorni, mentre azienda e unico azionista – il Comune – si rinfacciano soldi pretesi e contesi. Una situazione inaccettabile.
Purtroppo, questo disservizio non è l’unico. Roma soffre di “mal-di-partecipate” – bocciate a pieni voti (tranne per l’acqua) nella recente valutazione della qualità dei servizi, compreso il trasporto pubblico della malmessa Atac. Questo perché è mancata una gestione corretta, a causa di un controllo politico inefficace, visto che i partiti hanno scambiato assunzioni con consenso, mentre i sindacati interni si sono accaparrati tessere in cambio di indifferenza verso un assenteismo anomalo.
Privatizzazione? Ancora no, si deve tentare il risanamento. Ma se la politica continua a badare più al consenso che all’efficienza delle controllate e i sindacati continuano a tollerare i ladri di tutele, allora sì: meglio il profitto privato che fa pagar caro il servizio, che la gestione pubblica che offre a costi più contenuti il totale disservizio.
Iscriviti alla Newsletter di Articolo21