Di Alda Merini, scomparsa dieci anni fa solo per quanto concerne la sua presenza corporea in mezzo a noi, conserviamo due aspetti in particolare: la follia creativa e il fumo delle sigarette che invadeva la stanza e la avvolgeva in una nube. Un fumo che tutto copriva, eccetto la sua grandezza, la sua forza d’animo, il suo coraggio di ricominciare e guardare sempre avanti. La folle poetessa che ha legato ai Navigli di Milano il proprio nome e la propria stessa vita è stata una delle migliori interpreti di un universo ribelle di cui, ahinoi, si è smarrito il seme.
Conobbe persino il manicomio a causa delle sue stravaganze, conobbe la fatica, la sofferenza, il disprezzo ma non provò mai rabbia, non provò mai rancore o, quanto meno, non se ne lasciò travolgere.
Alda Merini era una sognatrice ingenua, una lottatrice indomita, una narratrice visionaria di storie, di uomini e di mondi. Amava più di ogni altra cosa disegnare universi, costruire speranze, dipingere immaginari e inventarsi una realtà parallela nella quale trovare pace e rifugio.
E in quella realtà, esattamente dieci anni fa, ha trovato quiete, dopo settantantotto anni vissuti intensamente, abbracciati con forza, sfidati e assaporati fino all’ultima boccata.
Aveva anche una sua religiosità, anch’essa vigorosa, profonda, imperscrutabile.
La sua presenza e la sua infinita arte sono ancora fra noi e vi rimarranno per sempre, come dimostra questa lirica intitolata “Quando l’angoscia”: “Quando l’angoscia spande il suo colore / dentro l’anima buia / come una pennellata di vendetta, / sento il germoglio dell’antica fame / farsi timido e grigio / e morire la luce del domani. / E contro me le cose inanimate / che ho creato dapprima / vengono a morire dentro il seno / della mia intelligenza / avide del mio asilo e dei miei frutti, / richiedenti ricchezza ad un mendìco”.
L’intemperante magia non può assopirsi.
P.S. Vent’anni fa ci lasciava, a soli sessantacinque anni, Vanni Scheiwiller, che di Alda Merini fu editore e amico. Inutile dire quanto ci manchi.