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L’“operazione Niger”, la prima volta a Torino

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di Sergio Nazzaro

 imagesCon l’operazione Niger – nel 2006, a Torino – si registra  la prima condanna per mafia di un gruppo di criminali provenienti dall’Africa. Toccherà poi a Napoli, con l’Operazione Viola, nel 2008. Un susseguirsi di arresti. Ma le condanne per mafia dei Cults, ovvero i clan nigeriani, sono complesse. I Cults nascono nelle università, prima in chiave anticoloniale, poi come braccio armato della lotta politica, poi diventano imperi criminali che conquistano il potere politico.
Le gang africane si strutturano come le “cupole” in Italia, apprendono “i codici mafiosi” in Italia – come scrive la Procura di Napoli. Dopo Castel Volturno, anche Palermo diventa importante nella geografia della mafia nigeriana. Ma è Torino, riferimento per tutto il nord Italia, il centro nevralgico di questa struttura criminale. La mafia nera – allogena – è funzionale a quella bianca, svolge il lavoro sporco e pericoloso: spaccio e prostituzione che crea allarme sociale e distrae le forze dell’ordine da appalti, corruzione e infiltrazione nell’economia legale, cioè i campi di azione delle mafie indigene. La mafia nigeriana non può aspirare e non aspira a corrompere sindaci e amministrazioni, e non concorre per gli appalti pubblici. Tutte le mafie tendono al denaro, così anche le gang: accumulano soldi che ritornano in forma di rimesse economiche alla casa madre in Nigeria: money transfer su money transfer. È un flusso di contante per comprare armi e, traverso le armi, il potere politico. Le mafie sono uguali dappertutto, e dappertutto ognuna torna a casa propria. Come Cosa Nostra s’è incardinata nel mondo attraverso l’emigrazione, allo stesso modo la mafia nigeriana ha seguito le rotte migratorie. E, come per ogni mafia, i primi a essere sfruttati, sottomessi e uccisi sono i propri connazionali: uomini, donne e bambini che diventano le ombre di questo racconto sulla mafia nigeriana. I gruppi criminali africani controllano oggi le periferie di molte grandi città del nord Italia, posti in cui le mafie nostrane non hanno nessun interesse.
Nella più stanca delle analisi si ritiene che ogni spacciatore nero sia mafioso – un assioma che non funziona per i bianchi e così si accresce la confusione.
La mafia nigeriana è fluida ed estremamente mobile. Usa fantasmi, cioè persone senza documenti. Nella visione da avanspettacolo che emerge dagli episodici interessamenti dell’opinione pubblica, la mafia nigeriana, a Castel Volturno, gestirebbe il traffico di organi. Ma è credibile che in un posto in cui manca tutto, la mafia si riesca a fare un espianto di una parte del corpo umano, in sicurezza, in modo che sia rivendibile in un ipotetico mercato nero? «Si dice», ma senza una prova evidente. Anche se poi, l’evidenza di migliaia di donne, uomini e bambini senza nome e senza documenti che scompaiono senza lasciare traccia non inquieta nessuno. Un investigatore delle forze dell’ordine una volta mi ha detto: «Non draghiamo il fiume Volturno perché altrimenti ne troveremmo di cadaveri senza nome, ma non finiremmo mai più; qui ci sono solo ombre».
E mentre le opinioni improvvisate creano confusione mediatica, e in corso ci sono guerre tra clan di camorra, la domanda del mercato preme e va soddisfatta, e la mafia nigeriana è sempre disponibile per i propri clienti. Da qui deriva la loro fama di affidabilità: loro ci sono sempre. E da piccoli spacciatori, non da oggi, diventano grandi broker. La mafia è anche nera, ma oggi la mafia nera serve quasi per coprire la pericolosità e la pervasività delle nostre mafie. Quelli, gli africani, i nigeriani, che sono pericolosi, i nostri neanche più sparano quasi. Il pericolo è sempre un altro, straniero a noi.


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