BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Una testimonianza dall’inferno della guerra nella ex-Jugoslavia. ‘Afocalypse’, Genesi Editrice

0 0

Afocalypse. Antologia dell’aforisma serbo contemporaneo, a cura di Fabrizio Caramagna, Genesi Editrice 2012 (Collana Aforisticamente)

Hanno già preparato un articolo sugli eventi che devono ancora accadere. I giornalisti di regime sono più veloci rispetto alla verità.

La pubblicazione dello splendido repertorio di Afocalypse. Antologia dell’aforisma serbo contemporaneo, a cura di Fabrizio Caramagna (Genesi Editrice 2012), non comune testimonianza, umana e artistica, dall’inferno della guerra nella ex-Jugoslavia – di straordinario interesse non solo per i suoi risvolti tragici ma anche per il valore intrinseco di tanti autori che gravitano attorno al Circolo Aforistico di Belgrado – passò a suo tempo virtualmente inosservata; ricordiamo un importante ma isolato intervento di Gino Ruozzi sull’inserto culturale del Sole 24Ore e il saggio L’aforisma serbo come anti-aforisma dello stesso Fabrizio Caramagna, contenuto nella pubblicazione semestrale ‘Il lettore di provincia’ n. 149, ‘Cinque secoli di aforismi’ (luglio/dicembre 2017, A. Longo Editore); poi, un unanime silenzio.

Afocalypse ha segnato davvero per il nostro Paese l’occasione mancata per conoscere più da vicino la cultura e le vicende recenti di un popolo che negli ultimi 30 anni ha attraversato ogni sorta di tragedie (la dittatura nazional-comunista, le atrocità della guerra civile e i bombardamenti della Nato, le amare delusioni di un’incerta e acerba democrazia), e segnatamente una generazione di scrittori, cultori della forma breve, che per l’eccezionale intensità, forza e qualità stilistica della loro opera non conosce probabilmente l’eguale al giorno d’oggi nell’ambito di questo genere letterario. Gli autori sono stati tutti oppositori del passato regime di Milosevic, quando non anche di quello di Tito. Negli anni Novanta, come scrive Caramagna nell’introduzione al volume, “sotto i colpi della guerra civile, il Circolo Aforistico di Belgrado, con il suo humour e la sua satira ‘sovversiva’, diventa l’arma più adatta e più letale nella lotta contro la lingua propagandistica e guerrafondaia del regime”. Bisogna rilevare che negli aforismi citati Slobodan Milosevic e gli altri esponenti di spicco della nomenclatura ex-jugoslava non sono mai nominati in prima persona – aspetto che contribuisce non poco ad accentuare il carattere di universalità di significati.

I temi che si rincorrono da un autore all’altro sono quelli legati alla drammatica storia recente del popolo serbo. I grotteschi personaggi del regime (“Siamo guidati da figure storiche, e anche da alcune figure preistoriche.”; “Forte come un leone, saggio come un gufo, resistente come una quercia. C’è qualcosa di umano?”; ”L’ordine è venuto dalla posizione più alta. Da un rifugio sotterraneo.”). Le menzogne della propaganda (“Non ci prendiamo la responsabilità di quello che facciamo. Non siamo un’organizzazione terroristica.”; “Il presente è abbastanza monotono, ma il nostro passato sta cambiando di ora in ora.”). Il permanente stato di polizia (“Ho sempre desiderato conoscerLa, ma solo adesso ho avuto il mandato di cattura!”; “I giornalisti vengono divisi. Alcuni sono chiamati per il briefing, altri per un interrogatorio.”; “Ho solo una scelta: o sarò una marionetta, o la mia vita sarà appesa a un filo.”; “La polizia e i manifestanti sono uguali davanti alla legge. Non davanti allo specchio.”; “Le forze di polizia continuano a cercare l’assassino. Hanno un nuovo lavoro per lui.”; “È stato tracciato un identikit ideale. Il sospettato assomiglia a tutti.”; “Quando sono tornato dall’interrogatorio, mia madre mi ha subito riconosciuto. Il cuore le diceva che ero io.”). Il protrarsi estenuante di negoziati condotti in manifesta malafede (“Due più due fa cinque! Questa è la nostra ultima offerta.”). La missione di pace – come venne denominata con involontaria ironia – della Nato (“La Serbia è uno Stato parlamentare. Tutte le decisioni importanti per il nostro Paese sono prese dal Congresso americano.”; “Dio ci vede, ma un Awacs della Nato gli oscura la vista.”; “L’America sostiene fermamente il dialogo per la pace – con un’azione congiunta per mare, per cielo, per terra.”; “Il mio televisore si è rotto. Dovrò seguire i bombardamenti dalla finestra.”). Riflessioni amare sulle atrocità commesse dal proprio stesso popolo (“Uccido ortodossi, cattolici e musulmani. Sono un ecumenista.”; “In previsione della chiamata alle armi mi esercito a casa. Sparo dalla finestra ai passanti.”). Gli orrori senza fine della guerra civile (“I rifugiati sono liberi di tornare alle loro case. I nuovi proprietari sono ansiosi di fare la loro conoscenza.”; “C’è una luce in fondo al tunnel. Sono le nostre case in fiamme.”; “Era una guerra di religione. Solo Dio sapeva per cosa stavano morendo.”). I ripetuti rovesci militari (“Saremo una piccola Svizzera. Ne abbiamo già raggiunto le dimensioni.”; “Non solo abbiamo difeso i nostri territori, ma presto vi apriremo anche la nostra ambasciata.”; “La linea del fronte si è spostata. Ora difendiamo le nostre case nella profondità del territorio nemico.”). Le delusioni della neonata democrazia (“Il vecchio regime è morto, ma ha donato gli organi a quello nuovo.”; “I cambiamenti sono così rapidi che anche i camaleonti sono visibili.”; “I nostri politici sono divisi in elementi di sinistra e di destra. Dipende da quale metà del loro cervello non funziona.”; “Gli antichi mestieri sono in crisi, con l’eccezione del più antico.”; “Cercate lavoro nel nostro ministero. I salari sono bassi, ma i guadagni sono enormi!”; “Sto aspettando i risultati delle elezioni. Voglio sapere per chi ho votato.”). L’agognato ingresso nel consesso delle nazioni civili (“Entreremo a far parte dell’Europa. Hanno bisogno di una discarica.”).

Forse mai la forma breve aveva conosciuto nella storia della letteratura mondiale una così fulminea e straordinaria fioritura – se si eccettua la cerchia dei salotti francesi del ‘600, dove la massima era assurta al rango di raffinatissimo gioco di società. Ma quello che precipuamente distingue l’aforisma serbo contemporaneo dai suoi illustri antesignani è l’eccezionale drammaticità degli eventi che ne costituiscono la principale fonte d’ispirazione, e che si risolve in un umorismo nero espresso con rare efficacia, felicità ed economia di mezzi.

Il libro contiene circa 1.500 aforismi, uno più smagliante, risentito, commovente dell’altro; gli autori citati sono in tutto 34: cifre che avrebbero potuto essere raddoppiate senza che – assicura il curatore – la qualità media ne scapitasse. Non ci resta che auspicare che ne venga pubblicata, in un futuro non lontano, un’edizione ampliata.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21