80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

Un omicidio “preventivo”

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di Emanuele Macaluso

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Il giudice Terranova insieme ad Emanuele Macaluso negli Anni Settanta

Ricordo sempre quel giorno del 1972 che incontrai a casa sua Cesare Terranova per offrirgli la candidatura come indipendente nella lista del PCI per la Camera. Sapevo che egli non era uomo impegnato nella battaglia politica e che certamente era distante dalle posizioni ideologiche del Partito comunista. Ma sapevo anche dai suoi comportamenti del suo eccezionale impegno civile e morale e della sua determinazione per fare trionfare la giustizia.
Proprio in quei giorni il suo nome era su tutti i gior­nali per la tragica vicenda delle tre bambine scomparse e uccise a Marsala dove Terranova esercitava la funzio­ne di Procuratore della Repubblica e dove come tale condusse, con grande sagacia e umanità l’indagine che portò alla identificazione dell’assassino.
Ma Cesare Terranova a Palermo era ben noto da tempo come il giudice istruttore dei processi più clamo­rosi e più difficili contro la mafia.
Io non lo conoscevo personalmente a quel tempo, ma ero rìmasto colpito dalla lettura della sentenza istruttoria con la quale egli aveva incriminato il potente e feroce gruppo dei La Bar­bera. Per la prima volta con questa sentenza un magi­strato ha indicato nel comune di Palermo il centro d’in­teressi che alimentava la speculazione edilizia e mafio­sa.
Terranova restò sorpreso dalla mia proposta, ma ca­pii subito che apprezzava il fatto che un grande partito operaio si rivolgesse a uomini come lui per condurre al­la Camera, in piena indipendenza, la stessa battaglia che aveva condotto nelle aule giudiziarie.
Terranova assolse per due legislature il suo mandato parlamentare con scrupolo e capacità da tutti riconosciuti. Ma restava il giudice Terranova. Anzi, tutti con­tinuavano a chiamarlo solo «il giudice Terranova», quasi come un simbolo dell’incarnazione della giustizia nella sua accezione piu ampia e piu profonda.
Cesare Terranova è stato assassinato per il suo impe­gno politico e per quello che avrebbe fatto in uno dei più alti e delicati uffici giudiziari di cui si apprestava ad assumere la responsabilità. Egli conosceva bene, molto bene i nemici che combatteva e quindi i rischi che corre­va. Ma mai, nemmeno per un momento, pensò di tirar­si indietro.

Da mafie


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