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“Sull’editoria ora si volti davvero pagina”. Intervista a Beppe Giulietti

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Pluralismo. Per il presidente del sindacato dei giornalisti il successore di Crimi, Andrea Martella, «è una persona equilibrata, a cui sicuramente non piacciono tagli, bavagli e censure. Le premesse dunque ci sono, dopo di che un sindacato deve guardare solo gli atti»

Beppe Giulietti, presidente del sindacato dei giornalisti Fnsi, non festeggia il cambio di governo («le nostre richieste non cambiano»), auspica però che sull’informazione si registri un vero cambio di passo rispetto all’era gialloverde.

Presidente Giulietti, Andrea Martella (Pd) all’editoria è una scelta di discontinuità con il passato?
Io mi auguro di sì. Lo dichiaro subito: Martella lo conosco, ho abitato con lui a Venezia, sono stato parlamentare con lui. È una persona equilibrata, attenta, pacata, a cui sicuramente non piacciono tagli, bavagli e censure. Le premesse quindi ci sono, dopo di che un sindacato deve guardare soltanto gli atti. Sono sicuro che Martella rispetterà le posizioni altrui ma poi sarà giudicato sulle sintesi politiche che riuscirà a fare. Per me l’unico governo amico è quello che ha nel cuore l’articolo 21 della Costituzione. Le richieste che finora abbiamo posto invano le porremo al nuovo governo e al presidente Conte.

Con l’ex sottosegretario Crimi lo scontro del sindacato è stato quasi senza precedenti.
Non festeggio e non faccio dichiarazioni postume.

Crimi lascia un settore dell’informazione in allarme rosso. Con una trasformazione industriale profonda e una montagna di problemi, dal lavoro sottopagato alla sostenibilità stessa del del pluralismo.
Primo: bisogna abrogare i tagli a decine di testate. Ripartiamo da capo in modo corretto: eliminiamo i tagli, confrontiamoci e promuoviamo insieme la trasformazione del settore. I tagli al fondo per il pluralismo e i bavagli delle querele temerarie vanno rimossi dal tavolo non perché lo chiede la Fnsi ma perché sono lesivi del diritto dei cittadini all’informazione.
Gli appelli di Mattarella parlano da sé, non c’è molto da aggiungere: lì c’è il perimetro della difesa dell’informazione.

Tutto da buttare del governo gialloverde?
Tutto no. Si era aperto un confronto positivo al ministero del Lavoro con l’ex sottosegretario Durigon. L’obiettivo era la salvaguardia dell’Inpgi e misure adeguate contro il precariato giornalistico. Quello è un tavolo che mi pare utile mantenere e rafforzare.
L’impostazione sull’editoria va capovolta: cosa serve di più ai cittadini? Servono più voci e più testate. Finora invece mi sembra si parlasse più che altro di cosa eliminare. Spero che il clima cambi. E credo che lo auspichi anche il presidente Conte.

Non solo una parte dei 5Stelle, anche Salvini ha avuto diversi scontri con la stampa.
Certamente. Ho desideri banali: vorrei che il nuovo governo accettasse le domande nelle conferenze stampa, che non ci fosse più l’elenco quotidiano dei giornalisti sgraditi, che non si maltrattassero i cronisti che fanno il proprio lavoro, una legge sul conflitto di interessi, le nuove convenzioni con le agenzie, norme serie per l’equo compenso… i problemi sono tanti e va riconosciuto che non sono stati affrontati neanche dai governi precedenti. La Fnsi è disponibile a confrontarsi con tutti: Palazzo Chigi e i ministri del Lavoro e della Giustizia.

Il governo è dunque un interlocutore, ma lo sarà soprattutto il Parlamento, che ha richiesto una soluzione stabile anche per Radio radicale.
Non cambio opinione. Anche nel centrodestra ci sono stati parlamentari sensibili al tema dell’informazione e dell’articolo 21. Quindi spero che il governo interloquisca non solo con le parti sociali ma anche con l’intero arco politico e sociale. Spero che su un tema così delicato come il diritto all’informazione si possa procedere con maggioranze ampie e solide.
Le nostre proposte non cambiano a seconda del governo in carica. Per essere ancora più chiaro: il problema del sindacato non è un soggetto o un altro. Il problema è complessivo: dai giornali diocesani a Radio Radicale, dal manifesto alle testate digitali, dai videomaker ai cronisti minacciati dalle mafie. Per noi il tema del lavoro giornalistico, a partire dagli ultimi, è la priorità.
Vorrei finalmente festeggiare la nascita di nuove voci, più giornali, più siti liberi, più giornalisti, meno minacce e più pensiero critico, e non preoccuparmi della chiusura di questa o quella testata.
Con un po’ di impegno da parte di tutti potremmo perfino recuperare qualche posizione nelle graduatorie internazionali sull’informazione.

Non posso non chiederti della Rai, che a ogni cambio di governo vive un terremoto…
Sulla Rai non occorre uno statista. Basterebbe prendere tre testi: il progetto fatto a suo tempo dal presidente Fico, quello dell’allora ministro Gentiloni e il progetto di iniziativa popolare sostenuto da Tana De Zulueta, il Fatto e il manifesto. Si potrebbe fare una riforma in due giorni, sono tre testi diversi ma tutti nelle corde di questa maggioranza.
Serve però la volontà politica: il problema non è il testo ma il contesto. Sono vent’anni che mi spiegano che non c’è mai il momento adatto per riformare la Rai. Su questo mantengo quindi qualche cautela e qualche riserva.

Sorgente: ilmanifesto.it


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