Milano. Una sera di settembre. Un “salotto” intellettuale: giovani artisti tatuati, potenziali mecenati, ricchi acquirenti. Quiche ai porri e vino fresco. In attesa del tris di primi si è costretti a chiaccherare con estranei. E la discussione plana su Greta e il movimento di coetanei che lei è riuscita ad accendere in tutto il mondo.
– C’è qualcosa che non mi convince
– Che cosa?
– Come fa ad avere così tanti soldi per viaggiare?
– A parte che è andata su una barca a vela sponsorizzatissima, ma viaggiare non costa così tanto, soprattutto se vieni invitata.
– Mmhh, però questo ragazzi sembrano inconsapevolmente manipolati.
– Ma da chi?
– Dalla Coca Cola.
– Oh cazzo, e questa dove l’ha letta?
– In rete. Basta scavare e la trovi.
– Eh già…e perché la Coca Cola sponsorizzerebbe un movimento di giovani ambientalisti?
– Ma per vendere di più! Non vuole confini, è contro la sovranità dei popoli. Lo sa che chi è sovranista viene preso per fascista? Lo sa che questo potere globalizzato rappresentato da Facebook ha cancellato la pagina di un giovane comunista sovranista che si chiama Fusaro?
– Guardi, è arrivato il tris dei primi, andiamo prima che si raffreddi…
Salvato da un dose di carboidrati ho ripensato alla conversazione surreale. Arrivando alla spiacevole conclusione che la sindrome del complotto è già diventata epidemia. Nessuno ne è immune, neppure nei salotti colti milanesi. Il motivo lo conosciamo: le fake news offrono una spiegazione comoda ad ogni imprevisto: dall’impoverimento del ceto medio alla Brexit, fino alla ragazzina che ti sbatte in faccia che la tua generazione le ha rubato il futuro. Il complotto è inconfutabile: se qualcuno ipotizza che le grandi multinazionali sobillano i giovani manifestanti come fai a smentirlo? Se shakeri – come ha fatto la mia interlocutrice – globalizzazione, mercato, Coca Cola, Fusaro senza stabilire una cronologia, un rapporto causa/effetto, un nesso logico, ogni tassello si incastra perfettamente. Quindi la Coca Cola sponsorizza il movimento ambientalista per vendere più lattine, che poi i giornali reazionari fotografano nei cestini dell’immondizia di Milano per dimostrare che anche i giovani sporcano, chiudendo così il cortocircuito mediatico. Il buon senso e la mancanza di riscontri sono armi spuntate contro certe convinzioni.
Però poi vai al #fridayforfuture e ti rendi conto che c’è un abisso tra chi sta manifestando e le ancelle della dietrologia. Un ragazzo, quattordici anni o giù di lì, era salito sulla base del monumento a Vittorio Emanuele con un cartello che è il più bell’editoriale del giorno: cambiate politica non pianeta. Forse questo movimento non ci riuscirà – le enormi manifestazioni contro la guerra non hanno mai fermato i cannoni – ma perlomeno ci sta provando. Mentre la ricca complottista non sta facendo nulla per evitare il collasso della Terra.
Danilo De Biasio, direttore del Festival dei Diritti Umani. Questo articolo è stato pubblicato anche su www.glistatigenerali.com