Speriamo sia un governo anche per i deboli più invisibili

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Nel governo che nasce in una giornata in cui il presidente della Repubblica parla soltanto per ringraziare sì i giornalisti, ma soprattutto per ribadire che non c’è democrazia senza libera informazione, non c’è un ministero per l’invalidità, come era indicato nel governo precedente. Proprio sulla base di quanto (non) fatto da quel governo la ritengo una buona notizia, visto che il precedente ministro si preoccupava soltanto di inveire contro tutto ciò che lui riteneva non essere “famiglia naturale” e a chi riceve le pensioni e gli assegni di invalidità sono stati tagliati gli adeguamenti al costo della vita, cioè hanno tolto dei soldi. Men che meno, e ormai da molti anni, si è occupato di questi problemi il ministero della salute.

Ora al ministero della salute e a quello della famiglia e delle pari opportunità arrivano due ministri progressisti, sempre schierati dalla parte dei più deboli e, per quanto ne sappiamo, attenti al problema della sanità pubblica.

Attualmente in Italia i dati riferiscono di almeno 5 milioni e mezzo di disabili con problemi di diversa importanza, e oltre 3 milioni di disabili gravi, persone cioè che non possono in alcun modo provvedere da sole a loro stessi. Oltre otto milioni di persone sane, familiari di questo tipo di malati, viene oggi definito “caregiver”, che vuol dire occuparsi a tempo pieno della gestione di questi pazienti che, nella maggior parte dei casi, vivono quasi esclusivamente a casa e non possono svolgere in autonomia neppure le più semplici pratiche e attività. Assistono familiari anziani, disabili o malati. Senza aiuti economici e senza una legge. E alla fine si ammalano anche loro.

Sono malati oncologici, sono persone colpite da ictus o con gravi problemi cardiaci, sono tutti coloro che hanno patologie neurologiche, dal Parkinson alla sclerosi multipla, dalla SLA all’Alzahimer, sono gli anziani, i bambini nati con malformazioni permanenti, i ciechi, i sordi…un dolente tragico esercito di persone talmente invisibili che spesso anche chi vorrebbe aiutarti nella pratica non sa come fare.

Le associazioni ricevute nei giorni scorsi dal presidente Conte hanno sottolineato questi problemi, e hanno chiesto leggi nuove, che integrino alcune buone leggi che ci sono ma che risalgono come minimo a più di 20 anni fa, quando l’aspettativa di vita era più breve, per alcune malattie c’era solo un veloce cammino verso la fine, la medicina era diversa.

Al ministro Speranza, che per la sua storia non potrà non battersi per potenziare finalmente la sanità pubblica, e alla ministra Bonetti, che è donna di scienze e di difesa dei diritti civili, vorrei chiedere di mettere ai primi posti della loro lista di interventi quello per migliorare la vita di chi già è stato così duramente colpito e di cui anche la società e il sistema nel suo complesso dovrebbe farsi carico. Investimenti, certamente. Ma non solo. Non mi riferisco esclusivamente a necessarie maggiori agevolazioni fiscali e all’aumento dei contributi minimi, ma soprattutto all’adeguamento dell’assistenza sanitaria domiciliare.

Vi siete mai chiesti perché siamo pieni di badanti straniere, di operatori sanitari stranieri, di persone che non conoscono il mestiere ma si arrangiano ad aiutare i malati immobilizzati e gli anziani e spesso possono fare anche danni, senza rendersene conto? Tutto questo accade perché il nostro sistema sanitario, gravato da tanti problemi, dell’assistenza domiciliare si è proprio dimenticato, con due uniche eccezioni che sono la Toscana e l’Emilia e con i mai troppo apprezzati volontari di associazioni come Antea che, come nel Lazio, vengono riconosciute dal sistema sanitario e offrono un servizio pregevole. Non è solo una questione di finanziamenti, è questione di organizzare un sistema. I contributi verranno erogati secondo il reddito, come è giusto, ma una rete assistenziale medico infermieristica uno stato democratico e moderno la deve a tutti. Ancora di più a chi ospedalizza in casa un malato che altrimenti dovrebbe comunque essere ricoverato a spese dello stato, che non può permetterselo.

Dunque una riforma in questo campo è possibile. I caregiver svolgono una funzione evidente di supplenza dello stato, lo fanno per amore, e continueranno a farlo. Ma una legge che regolamenti tutta questa materia con l’obiettivo di far stare meglio la parte più sfortunata e più invisibile della popolazione e dare un aiuto a chi di loro si occupa sarebbe un vero cambio di passo e una vera scelta di progresso e di democrazia.


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