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Ripartire da Assisi per superare il linguaggio dell’odio. Padre Enzo Fortunato: cambiamento nella consapevolezza

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A pochi giorni da “In-contro” l’evento di Assisi su comunità, popoli, nazioni (dal 19 al 22 settembre nel Cortile di Francesco) la bella foto dell’Amazzonia firmata da Salgado veicola un messaggio sul futuro e sui linguaggi nuovi a partire proprio dalla Carta di Assisi, con cui si sono gettate solide basi per dare un passo e un senso diversi al linguaggio in generale e a quello della comunicazione in particolare. Poi sono accadute molte cose e tutte insieme e specie nell’ultimo anno si è dovuto assistere ad una degenerazione dei termini utilizzati nell’informazione, in politica, sui social, nelle piazze.
Da dove ricominciare? E cosa può cambiare adesso?
Lo abbiamo chiesto a Padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento di Assisi. E’ un giornalista e conosce bene qual è il valore delle parole che, appunto, “non sono pietre” o non dovrebbero mai esserlo.

“Io non parlerei di un ‘prima’ e di un ‘dopo’, di un vuoto di prima e di maggiore libertà ora, non lo faccio perché non vorrei ancorare la Carta all’orizzonte politico. Diciamo una cosa: qui si ritrovano persone di buona volontà che hanno a cuore la libertà. E’ diverso: è una ricostruzione che parte dal rispetto dell’altro chiunque esso sia: povero, ricco, ultimo, primo, grande, piccolo”.
C’è qualcosa nell’aria però. Si percepisce una volontà di cambiare passo non crede?
“Sì, vedo un cambiamento ma l’importante è il cammino di consapevolezza. Ciò che conta è interiorizzare i concetti e badare ai contenuti non alla velocità. Vedo che ci sono analisti di varia estrazione che si stanno ponendo in un certo modo verso il linguaggio e penso, spero, che sia il preludio di un cambiamento”.
Pensa che sia possibile lasciarsi alle spalle le parole d’odio che hanno caratterizzato e ancora caratterizzano l’analisi di fenomeno sociali ed economici, come le migrazioni?
“Stiamo ancorando tutto a qualcosa o qualcuno cercando i ‘colpevoli’ del linguaggio d’odio. Ma non dobbiamo dimenticare un passaggio temporale, ossia il momento in cui sta avvenendo tutto questo. C’è una struggente sofferenza in quest’epoca, dovuta ad un collasso economico che sarà ancora più grave in futuro. Dobbiamo tener presenti i dati economici, per esempio dalla Germania arrivano brutti segnali e stiamo parlando di un Paese assai importante. Vorrei ricordare qui una frase di Romano Prodi pronunciata quando è entrato in vigore l’euro. Questa:’ Dobbiamo cambiare i nostri stili di vita, non possiamo più permetterci di continuare a vivere così”. Ecco, applicata al momento attuale può contribuire alla fase di passaggio che stiamo vivendo e che pesa, ha pesato, nel linguaggio utilizzato. Prepariamoci ai cambiamenti con un ritorno alle origini, ai valori fondanti, impariamo a vivere con semplicità e ciò aiuterà a rispettare l’altro”
Perché è così difficile rispettare l’altro da noi? In fondo è questo che scatena gli insulti e le parole d’odio
“C’è un egoismo primordiale che spinge l’Io e l’aggettivo possessivo ‘mio’. Ma qui dobbiamo ricordare una frase importantissima della nostra fede. Esiste il ‘Padre nostro’, invochiamo, diciamo ‘Padre nostro’, non ‘Padre mio’, in quel verbo collettivo si ritrova il rispetto dell’altro e l’argine all’egoismo”.

Il programma di In-contro, dove si discuterà di immigrazione, integrazione, solidarietà, ruolo delle Ong e linguaggi per raccontare il nostro tempo, è ricco di spunti, riflessioni, approfondimenti e vede la partecipazioni di giornalisti, docenti universitari, mondo della chiesa, artisti, politici con uno spazio specifico sulla comunicazione.

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