Da osservatori internazionali che si occupano di libertà di stampa constatiamo che la libertà di stampa e la legalità in Turchia restano in crisi nonostante vi sia qualche motivo di un estremamente cauto ottimismo, dato ad esempio dalla sentenza dei giorni scorsi che ha scagionato diversi ex giornalisti di Cumhuriyet.
In tre giorni, la nostra delegazione ha incontrato giornalisti, esponenti della società civile e del sistema giudiziario nonché autorità, per verificare lo stato delle riforme annunciate e la continua oppressione ai danni dei giornalisti. Guidata dall’International Press Institute (IPI), la delegazione comprendeva anche rappresentanti di Article 19, European Federation of Journalists (EFJ), Committee to Protect Journalists (CPJ), PEN International, Norwegian PEN, European Centre for Press and Media Freedom (ECPMF) e Reporters Without Borders (RSF).
Una riforma del sistema giudiziario, annunciata lo scorso maggio dal governo turco per risolvere le carenze del sistema della giustizia, non sarà credibile a meno che non garantisca – sia per legge sia nella pratica – l’indipendenza della giustizia, e che non si cessi la persecuzione dei giornalisti.
Apprezziamo l’intenzione delle autorità di realizzare delle riforme, anche se durante gli incontri con i funzionari noi stessi abbiamo rilevato che il panorama della libertà di stampa nel paese non è migliorato da quando è stato tolto lo stato di emergenza nel luglio 2018; numerosi giornalisti restano dietro le sbarre o colpiti da divieto di espatrio a seguito di una vasta oppressione di natura politica contro i media e un conseguente ampio controllo del sistema giudiziario ha progressivamente danneggiato in modo molto grave la legalità e il diritto del pubblico ad essere informato.
In qualsiasi strategia di riforma del sistema giudiziario, la Turchia dovrebbe urgentemente comprendere la riforma delle leggi antiterrorismo e antidiffamazione, più volte abusate per costringere la stampa critica al silenzio. Dovrebbe inoltre prendere immediate misure per cessare l’incriminazione arbitraria dei giornalisti, che vengono processati senza fondamento, condannati da sentenze politicizzate in un contesto di gravi violazioni del diritto ad un equo processo. Dovrebbe fare marcia indietro rispetto a situazioni che permettono una sproporzionata interferenza politica nelle azioni del potere giudiziario, come ad esempio l’emendamento all’articolo 159 della Costituzione introdotto nell’aprile 2017, che permette il controllo politico sulle nomine dell’Alto Consiglio dei Giudici e Procuratori, colpendo in questo modo l’indipendenza dell’intero sistema giudiziario.
La nostra delegazione ha chiesto alle autorità turche di coinvolgere nella discussione e nella disamina delle modifiche proposte anche esponenti indipendenti della società civile, giornalisti ed esperti internazionali nel campo della libertà di espressione, indipendenza del sistema giudiziario e legislazione, in modo da applicare riforme che facciano allineare l’indipendenza dei giudici turchi agli impegni internazionali presi dalla Turchia nel campo dei diritti umani.
Abbiamo incontrato gruppi locali della società civile e giornalisti ad Istanbul per poi spostarci ad Ankara dove siamo stati ricevuti dalla Corte costituzionale, dalla Corte di cassazione, da rappresentanti del ministero della Giustizia, dell’UE e di altre missioni diplomatiche estere. La nostra delegazione si rammarica del fatto che l’incontro con il ministro della Giustizia Abdulhamit Gül, previsto da tempo, sia stato cancellato con un giorno di preavviso.
Durante l’incontro con la Corte costituzionale, abbiamo sottolineato che l’organo supremo del sistema giudiziario turco deve dare priorità alle cause che riguardano i giornalisti in prigione e le misure amministrative che bloccano i siti internet, compresa Wikipedia, che in Turchia è bloccata da due anni e mezzo. I ritardi in queste cause danneggiano gravemente il fondamentale diritto dei cittadini ad avere accesso all’informazione. La delegazione si è inoltre detta preoccupata delle recenti decisioni della Corte costituzionale riguardo ai giornalisti.
Abbiamo accolto con estremo favore la decisione di giovedì sera della Corte di cassazione di non confermare le condanne per sette imputati nel processo Cumhuriyet, per cui dei giornalisti erano detenuti proprio a causa del loro lavoro. La sentenza ha portato alla loro liberazione. Mentre questa decisione segna, anche se con ritardo, la vittoria della giustizia, non riesce tuttavia a rimediare al danno personale causato a queste persone detenute così a lungo. Inoltre, un dipendente di Cumhuriyet, l’ex addetto amministrativo Emre Iper, rimane dietro le sbarre e il giornalista e deputato Ahmet Sik sta per essere riprocessato per una nuova serie di accuse ancora più gravi. All’ultimo momento è stato negato alla delegazione il permesso di far visita mercoledì in carcere ai giornalisti di Cumhuriyet, una decisione che conferma la proibizione sistematica di visite in prigione agli osservatori internazionali.
La delegazione inoltre si dichiara estremamente allarmata dall’applicazione di nuove regole da parte dell’autorità turca per gli audiovisivi, la Suprema Corte per radio e tv (RTÜK), che ha esteso il proprio controllo alle testate ed emittenti online, minacciandone l’esistenza tramite un sistema di concessioni costoso ed opaco.
Ci preoccupa infine il sistema di emissione di tesserini ed accrediti stampa, sistema che è ora in capo all’ufficio presidenziale e che quindi sta profondamente ostacolando la capacità della stampa nazionale e internazionale di operare nel paese.