Di Beppe Pisa
Un patto con la Ue, un po’ di tempo in cambio della possibilità di investire e stimolare la crescita. Giuseppe Conte torna a Bruxelles il giorno dopo la fiducia del Parlamento, nel pieno dei suoi poteri – di nuovo – per incontrare gli interlocutori europei che lo accolgono a braccia aperte. Il presidente uscente del Consiglio, Donald Tusk, addirittura lo definisce la persona con cui ha lavorato meglio. Insomma, il rapporto è ottimo con le vecchie e le nuove istituzioni, ed è su questa base – e forte anche dell’indicazione di Gentiloni alla Commissione e di Gualtieri al Mef – che il premier dà il via alla partita a scacchi chiamata manovra in cui l’Italia tenterà di ottenere maggiore flessibilità per realizzare le riforme promesse nel contratto giallorosso. Il punto di partenza, lo ha assicurato Conte in Parlamento, è sempre disinnescare gli aumenti Iva: servono 23,1 miliardi, solo per il 2020. Ma è un intervento atteso e, dopo anni che il problema viene di volta in volta rimandato, dato quasi per scontato. Di più forte impatto invece il taglio del cuneo fiscale “a totale vantaggio del lavoratore”: non la flat tax promessa dalla Lega, certo, ma pur sempre una busta paga più pesante. Il come e il quanto è allo studio degli uffici di Via XX settembre, ma le prime stime parlano di almeno cinque miliardi. E nel conto vanno considerate anche le cosiddette spese indifferibili, che si aggirano tra i 3 i e 4 miliardi di euro. Insomma, siamo già oltre i 30 miliardi, senza considerare i costi di altri interventi annunciati dal governo come gli asili nido gratuiti, gli investimenti nella scuola e nella ricerca, il piano straordinario per il Sud.
“Vorrei con l’Ue stabilire un patto, abbiamo una stagione riformatrice e abbiamo bisogno di tempo – ha spiegato Conte parlando con i giornalisti a Bruxelles – vogliamo fare un patto con l’Europa per un’Italia digitalizzata, per la green economy, dobbiamo fare degli investimenti che ci consentano crescita economica, creare occupazione anche di qualità e su questo vogliamo fare un patto per l’Europa: questi sono i nostri progetti, lasciateceli realizzare”. Attenzione, ha assicurato il premier ai suoi interlocutori europei, questo non significa deficit indiscriminato: non ci saranno balconate, ma si chiederà di rallentare il percorso di rientro del debito. “Non stiamo dicendo che il nostro obiettivo non è la riduzione del debito, ma lo vogliamo fare con la crescita economica”, assicura Conte. Del resto nel suo intervento alla Camera aveva chiarito, e lo ha ribadito a Bruxelles dove ha incontrato la presidente eletta della Commissione, Ursula Von der Leyen, il presidente del Parlamento David Sassoli e il presidente designato del Consiglio, Charles Michel, oltre agli uscenti Tusk e Juncker, che il patto di stabilità e crescita va rivisto evitando un’impostazione di bilancio pro-ciclica, non adeguata alle prospettive economiche del continente. Ne parlerà con i suoi colleghi anche il neoministro dell’Economia Roberto Gualtieri, il 13 e il 14 settembre a Helsinki per Eurogruppo ed Ecofin informale. In vista degli appuntamenti, il titolare del Mef ha avuto un ‘cordiale’ colloquio telefonico con il presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno.
Nella due giorni di debutto Gualtieri avrà il compito di rassicurare i partner europei e spiegare la politica economica del governo giallorosso. Non a caso, in agenda sono già segnati incontri bilaterali con il ministro francese dell’Economia e delle Finanze, Bruno Le Maire, con il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, e il commissario agli Affari Economici e Monetari, Pierre Moscovici. Insomma, premier e ministro (Pd) sono pronti a giocare la partita della manovra. E non è un caso che nelle stesse ore il leader M5S Luigi Di Maio abbia incontrato nei suoi uffici della Farnesina il gruppo economico del MoVimento 5 Stelle per fare il punto in vista proprio dell’Ecofin ed Eurogruppo. Riunioni a cui non parteciperà, certo. Ma quello della manovra è un tavolo su cui i pentastellati non rinunceranno a dire la propria.