Come si è visto, le risultanze che qui ora occorre esaminare si fondano sull’esito delle investigazioni compiute, su specifiche deleghe della Procura della Repubblica di Palermo, dal T.Col. Massimo Giraudo, il quale, quindi, assunto in qualità di teste, ne ha riferito in questo dibattimento.
Tale teste è stato fortemente criticato sul piano soprattutto personale, dall’imputato Mori, che con le sue dichiarazioni spontanee prima riportate, lo ha accusato addirittura di comportamenti delittuosi (v. dich. sopra riportate: “Giraudo ha violato il Segreto di Stato”) ed ha adombrato che lo stesso abbia potuto persino manipolare alcune sommarie informazioni raccolte […], nonché, anzi con maggiore veemenza, dal difensore del detto imputato in sede di arringa conclusiva (v. trascrizione in atti dell’udienza del 15 marzo 2018) con riferimento ai metodi di indagine stigmatizzati in alcuni provvedimenti giudiziari ed anche con riferimento all’insuccesso che tutte le indagini del Giraudo avrebbero avuto, misurate con l’esito conclusivo dei relativi procedimenti e processi penali […].
Sennonché, non sono emerse agli atti, né sono state in concreto indicate né dal Mori, né dal suo difensore, le ragioni di astio, risentimento o altro che avrebbero potuto indurre Giraudo a venire meno ai suoi doveri nello svolgimento delle attività di polizia giudiziaria, si ripete, sempre eseguite su espressa delega dell’A.G., per danneggiare specificamente il predetto imputato.
Anzi sono emersi rapporti sempre positivi e di stima, tanto che lo stesso Mori, quando ebbe ad essere nominato a Capo del SISDE, già nell’agosto 2002, insieme a tanti altri suoi “fedelissimi” che lo avevano collaborato al R.O.S., ebbe a richiamare con sé anche Giraudo, che, infatti, ha poi prestato ivi servizio sino al 2007 e, quindi, per tutto il periodo – ed ancora per un periodo successivo
– durante il quale Mori ebbe a ricoprire quell’incarico, e ciò a riprova che nulla ebbe mai ad incrinare i rapporti tra i predetti.
V’è, poi, il fatto che, ancor dopo che Mori aveva cessato l’incarico, a riprova degli ottimi rapporti, secondo quanto riferito dallo stesso Mori, Giraudo si rivolse a quest’ultimo quando, rientrato nell’Arma dopo il servizio al SISDE, gli fu ritirato il nulla osta di segretezza (NOS).
[…] Ma, in ogni caso, va rilevato che tutte le dichiarazioni di Giraudo più fortemente contestate da Mori trovano fondamento inequivocabile nei documenti acquisiti nel corso delle indagini del predetto teste e riversati nel presente processo.
Basti pensare, ad esempio, alla vicenda che più è stata contestata da Mori, quella del coinvolgimento di quest’ultimo nelle indagini padovane sulla “Rosa dei Venti” e sul conseguente suo allontanamento, non soltanto dai Servizi, ma addirittura dalla città di Roma.
Mori, invero, nelle sue dichiarazioni spontanee, ha tenuto ad affermare di non essere stato mai a nessun titolo coinvolto in indagini relative alle trame eversive degli anni settanta (v. dich. Mori: ” .. nessuna inchiesta relativa ai tragici fatti degli anni settanta ha mai fatto cenno, né tanto meno sindacato la mia attività professionale, golpe Borghese compreso .. .. … nel quale io a nessun titolo venni ovviamente coinvolto .. “) e che, pertanto, il suo allontanamento del Servizio dipese esclusivamente da contrasti che egli aveva avuto nei mesi precedenti con i suoi superiori […]
Ma come detto, a smentire Mori, vi sono risultanze documentali inequivocabili. Quanto al primo punto, quello del coinvolgimento (certo non formale ma sicuramente fattuale) nelle indagini relative alla “Rosa dei Venti”, vi sono, innanzitutto, la nota a firma del Giudice Istruttore del Tribunale di Padova, Dott.Tamburino, con la quale, in data 3 novembre 1974, si chiede all’Amm. Casardi
di “inviare foto tipo tessera del capitano Cc. Mori Mario, in servizio presso il Raggruppamento Centri di Roma” […] e la conseguente nota di risposta a firma della stesso Amm. Casardi con la quale, in data 7 dicembre 1974 (prot. 4863 N. 10460), si trasmette “una fotografia tipo tessera del Capitano Cc. Mori Mario”.
Ciò senza dimenticare che lo stesso Mori, […] era stato già convocato, insieme a Maletti ed altri, per essere sentito dal medesimo G.I. Tamburino (v. telegramma a firma del G.I. Tamburino, in atti, con il quale si convocano per i giorni 21 e 22 novembre 1974 i testi Gianadelio Maletti, Mario Mori, Giambattista Minerva e Gustavo Bonanni).
Sul secondo punto, quello delle ragioni per le quali Mori, non soltanto fu allontanato dal Servizio, ma addirittura dalla città di Roma, vi sono, oltre alla coincidenza temporale con quella richiesta del G.I. Tamburino e, soprattutto, con il successivo trasferimento del relativo procedimento per la riunione con quello relativo al C.d. “Golpe Borghese” pendente presso l’A.G., appunto, di Roma, innanzitutto, i documenti che dimostrano che effettivamente, nel disporre il rientro di Mori nell’Arma, fu raccomandato dal Servizio e accolto dal Comando dell’ Arma, di allontanare Mori anche da Roma. Ciò si evince, non soltanto dall’appunto per “il Sig. Capo Servizio” datato 4
gennaio 1975 avente ad oggetto il Cap. Mori (già sopra più completamente riportato unitamente alle annotazioni manoscritte di Maletti e Casardi che ne evidenziano l’urgenza) nel quale nella parte finale si legge: “Nel restituire il Capitano Mori ali ‘Arma propongo altresì che venga precisato l’intendimento della S. V. ad allontanare l’ufficiale dalla sede di Roma”), ma, soprattutto, dalla
successiva nota del 9 gennaio 1975 indirizzata dal Capo Servizio Informazioni della Difesa Amm. Casardi al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri con la quale “Il capitano Cc. Spe Mori Mario dal dipendente Raggruppamento Unità Speciali – Roma, viene dato disponibile per avvicendamento”, cui, infatti, si accompagna una lettera a firma dello stesso Amm. Casardi, personalmente indirizzata al Gen. Enrico Mino, Comandante Generale dell’Arma, che
raccomanda l’impiego di Mori “in sede diversa da quella di Roma”, nonché dalla lettera di risposta del Gen. Mino, datata 14 gennaio 1975, con la quale… Continua su mafie