Le valutazioni conclusive appena esposte nel Capitolo che precede si fondano in misura non secondaria su risultanze investigative in ordine alla convergenza di interessi ed azioni tra “cosa nostra” e ‘ndrangheta ad iniziare dall’omicidio Scopelliti già sopra pure citato.
Ebbene, un importantissima conferma della comune strategia delle predette due organizzazioni mafiose e anche con altre organizzazioni altrettanto pericolose (la “camorra” napoletana) si trae da un documento prodotto dal P.M. All’udienza del 26 settembre 2013.
Si tratta dell’informativa della Direzione Investigativa Antimafia sottoscritta in data 4 marzo 1994 dal Capo Reparto Investigazioni Giudiziarie Dott. Pippo Micalizio.
Quest’ultimo è successivamente deceduto e, dunque, la nota è stata acquisita per la sua utilizzazione nel presente processo con ordinanza del 17 ottobre 2017.
Ebbene, in tale informativa v’è un’ampia ricostruzione delle indagini svolte sulle stragi degli anni 1992-1993 e sui collegamenti dell’organizzazione mafiosa “cosa nostra” con altre organizzazioni criminali, sia di stampo mafioso, sia di stampo terroristico.
Per la più completa cognizione di tale ricostruzione si rinvia alla informativa medesima, evidenziandosi qui di seguito soltanto alcuni passi che appaiono più rilevanti in relazione ai fatti oggetto del presente processo ed alle valutazioni conclusive del Capitolo che precede:
“L’ipotesi di lavoro formulata nel presente documento è intesa a promuovere e quindi sviluppare un’azione investigativa che possa consentire l’acquisizione di prove in ordine ad una connessione tra le stragi consumate a Palermo (Capaci e Via d’Amelio) nell’estate del 1992 e quelle commesse a Roma, Firenze e Milano nell’arco dell’anno successivo (Via Fauro – Via dei Georgofili – Via Palestro – Via del Velabro – Piazza San Giovanni), preordinate alla realizzazione di un unico disegno criminoso, che ha visto interagire criminalità organizzata di tipo mafioso, in primis la “cosa nostra” siciliana, con altri gruppi criminali che, sebbene allo stato non siano stati compiutamente individuati, possono però essere identificati pianificando un’ adeguata strategia di indagine”.
“Particolare interesse hanno destato i segnali provenienti dal mondo carcerano riguardo ad una crescente insofferenza da parte di mafiosi sottoposti allo speciale regime detentivo introdotto dall’art.41-bis L.354/ 75, regime reso ancor più insopportabile dalla consapevolezza dei mafiosi di non poter più confidare nella ormai consolidata prassi dell’ “aggiustamento” dei processi”.
“La determinazione di “cosa nostra” ad effettuare attentati come reazione al 41bis e, più in generale, come mezzo per “dare una lezione ai politici” è emersa anche dalle dichiarazioni del collaboratore La Barbera Gioacchino … … … in quanto avevano il solo scopo di dimostrare lo capacità della mafia di colpire dovunque e – si ritiene – di costringere lo Stato a patteggiare con “cosa nostra”, inducendolo a rivedere la recente normativa carceraria, così da rendere lo stato di detenzione di cui all’art. 41bis meno gravoso”.
“Parallelamente al consolidarsi del quadro indiziario circa una matrice mafiosa negli attentati di Roma, Firenze e Milano, è andato rafforzandosi negli investigatori la sensazione che il nuovo indirizzo stragistico inaugurato dalla mafia perseguisse in realtà obiettivi che andavano al di là degli interessi esclusivi di “cosa nostra” o, per lo meno, tendesse al conseguimento di obiettivi comuni o convergenti con gruppi criminali di diversa estrazione con cui esistono rapporti stabili o che in passato avevano convissuto con la mafia. Si è osservato così come l’atipicità, sotto taluni aspetti, degli attentati in questione rispetto a quelli tradizionali di “cosa nostra” (primo fra tutti la scelta degli obiettivi), potesse risultare funzionale non solo alle finalità “terroristiche” della mafia, ma anche agli scopi di entità criminali diverse che avessero operato in sintonia con quest’ultima nel perseguimento di obiettivi comuni o convergenti, gruppi criminali che… Continua su mafie