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L’attentato mancato allo stadio Olimpico

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Sulla mancata strage dello stadio Olimpico di Roma vi sono, innanzitutto, le risultanze consacrate nelle sentenze della Corte di Assise e della Corte di Assise di Appello di Firenze pronunziate rispettivamente il 6 giugno 1998 e il 13 febbraio 200 l, divenute irrevocabili e, quindi, acquisite al fascicolo del dibattimento.
Dalla prima di tali sentenze si ricava, in estrema sintesi, che la primi genia idea di attentato da effettuare alla stadio Olimpico risaliva già al mese di giugno 1993 (quando Scarano e Spatuzza, in occasione dell’ultima partita di campionato, avevano effettuato un sopralluogo) e, poi, via via si era sviluppata nel successivo mese di ottobre 1993 “allorché fu, verosimilmente, portato a Roma l’esplosivo e il mezzo da utilizzare come autobomba” ed era culminata, infine, nell’azione “in
grande stile” che nel periodo compreso “tra la fine del 1993 e gli inizi del 1994” fu tentata “contro uomini delle istituzioni” e che “solo per miracolo non provocò le conseguenze orrende cui era preordinata: l’uccisione di molte decine di persone” (v. sentenza citata).
Gli “uomini delle istituzioni” contro i quali l’azione era programmata in tale sentenza vengono indicati come “Carabinieri o Poliziotti” sulla base, per lo più, della generica indicazione del collaboratore Grigoli Salvatore, anche se dalla stessa sentenza risulta che Giovanni Brusca aveva già indicato l’obiettivo della strage nei Carabinieri, dal momento che Spatuzza, quando ebbe a parlargli di tale attentato, gli disse che “temeva che venisse fuori questo fallito attentato contro i Carabinieri e che costoro si accanissero contro di lui” (così si legge nella sentenza citata).
Del tutto analoghe, ancora in estrema sintesi, sono le conclusioni della Corte di Assise di Appello, ove ugualmente, in conclusione si legge che “sulla scorta pertanto delle emergenze istruttorie che sono state richiamate, e sempre con riferimento alla strage c.d. dell’Olimpico di Roma, può serenamente concludersi esservi ampia e sicura prova in atti che allo Stadio Olimpico di Roma, tra la fine del 1993 e gli inizi del 1994, venne posta in essere una azione criminale di notevoli proporzioni contro Carabinieri e/o Poliziotti e privati cittadini che si fossero trovati a passare, alla uscita dallo stadio, nella medesima strada percorsa dai bus che conducevano nei rispettivi alloggiamenti gli uomini della forza pubblica che erano stati di servizio allo stadio Olimpico: azione criminale che fortunatamente non provocò le terribili conseguenze cui era stata preordinata e cioè, come detto, la uccisione di molte decine di persone”.
Unitamente alle predette sentenze, sono state, altresì, acquisite nel fascicolo del dibattimento le dichiarazioni rese da Scarano Antonio nelle udienze dell’1l, 12, 17, 18 e 21 marzo 1997 e del 30 ottobre 1997 in quel processo svoltosi innanzi alla Corte di Assise di Firenze, dichiarazioni divenute atto irripetibile… Continua su mafie


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