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Infortuni in itinere. Arriva dopo ben 19 anni la giustizia per Aldo Laino

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19 anni per veder riconosciuto un infortunio in itinere per il lavoro e l’invalidità al 50%, con il diritto alla relativa rendita INAIL: è  quanto stabilito per il lavoratore sindacalista Aldo Laino, dalla Corte d’Appello di Catanzaro, in 4 Grado di Giudizi. Condannata  l’INAIL al pagamento delle spese processuali. Soddisfazione di Medicina Democatica e AIEA per una sentenza che farà  giurisprudenza e che rafforza la richiesta di una ridefinizione dell’Ente.
Arriva dopo ben 19 anni la giustizia per Aldo Laino, lavoratore escavatorista del CAVET, da Tortora (CS), in servizio sul TAV  Bologna- Firenze nel 2000: dopo una infinita trafila burocratica e giudiziaria, con 4 gradi di giudizio, finalmente con sentenza definitiva la Corte d’Appello di Catanzaro gli riconosce l’inabilità del 50%, con relativa rendita, a far data dal 23 aprile 2001, per  l’infortunio in itinere accaduto il 6 giugno 2000 e condanna l’INAIL a pagare le spese processuali per € 5.300, complessivi.
“E’ una grande soddisfazione, perché si tratta della prima sentenza del genere in Italia, e siamo certi che farà giurisprudenza per tanti  casi simili: per la prima volta infatti viene riconosciuto, in ottemperanza al DPR 1124/65, come infortunio sul lavoro in itinere, quello occorso, in seguito a incidente stradale ad Aldo Laino, lavoratore sindacalista, mentre rientrava al campo base di Vaglia (FI) da una  riunione sindacale a Pianoro (BO), a 40 chilometri di distanza. In gioco c’era la trattativa sui turni a ciclo continuo, a cui i lavoratori  si opponevano, sulla sicurezza e sulla salute nel luogo di lavoro”, è quanto ha dichiarato Gino Carpentiero, medico del lavoro, per 10  anni consulente del Gruppo Grandi Opere ASL 10 di Firenze e referente di Medicina Democatica di Firenze, che ha seguito e  sostenuto la durissima battaglia di Aldo Laino, assistitito dall’avvocato Alessandro Rombolà. “Sembra paradossale -ha aggiunto- che  questo tipo di riconoscimento venisse effettuato soltanto per i sindacalisti di professione e non per i lavoratori impegnati, con un  permesso sindacale in trattative con l’azienda, come in questo caso e questa sentenza rappresenta una novità assoluta, che ci fa ben  sperare per tanti casi analoghi”

Il dispositivo della sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro del 2 luglio 2019, pubblicato il 6/09/2019, conferma di fatto la  sentenza della Corte di Cassazione del 21 aprile 2016 e ciò che ne viene fuori è un vero e proprio calvario. Tutta la vicenda  processuale, dopo il rigetto da parte del’INAIL della domanda di invalidità per infortunio sul lavoro, presentata nel 2000, c’è stata una vera e propria gincana di interminabili passaggi processuali e sentenze: 1° Grado nel Tribunale di Paola nel 2009 con sentenza  favorevole a Laino; ricorso INAIL e sentenza di 2° Grado nel 2010 della Corte d’Appello di Catanzaro, che dà ragione all’INAIL; 3°  Grado con ricorso in Cassazione che accoglie le richieste di Laino e rinvia il processo alla  Corte di Appello di Catanzaro per il  4°Grado, in diversa composizione, con sentenza definitivamente favorevole.
“ La vicenda di Aldo Laino, positivamente conclusa, è emblematica – dichiarano Fulvio Aurora, responsabile vertenze giudiziarie MD e Maura Crudeli, presidente nazionale AIEA- del percorso accidentato e difficile che molti lavoratori devono affrontare e della  grande vertenzialità giuridica con l’INAIL in un gran numero di casi, perchè i lavoratori fanno fatica a farsi riconoscere la malattia  professionale e gli infortuni, come ad esempio attestano, con drammatica attualità, le vicende legate all’amianto. Stiamo seguendo da  10/15 anni vertenze per il riconoscimento di malattie professionali, di infortuni invalidanti o mortali e per il riconoscimento dei diritti previdenziali, dalla Basilicata, alla Sardegna e alla Lombardia, per citare. I lavoratori, spesso vanno in causa, ma molti alla fine  rinunciano per questione di tempi e di costi, o per sopravvenuti eventi nefasti. Questo si traduce in una sorta di risparmio per l’INAIL, che nel bilancio consuntivo per il 2018 ha con enfasi dichiarato un “avanzo di bilancio” di quasi 2 miliardi di euro, 1.804 per la  precisione. Ci chiediamo come sia possibile un aumento costante di utili per l’INAIL a fronte di un aumento costante anch’esso non  solo  dei morti sul lavoro, ma anche delle denunce per malattie professionali: secondo gli Open Data INAIL c’è una media di 3,3  morti al giorno, compresi ferie e festivi, con un aumento del 6% nel 2018 e del 2% nei primi 7 mesi del 2019. Così come pure in  aumento del 2,7% le denunce per malattie professionali”. “
C’è qualcosa che non torna, e che riguarda più nello specifico il ruolo e le funzioni dell’INAIL: “ Riteniamo doveroso- concludono  Aurora e Crudeli- affrontare il problema e pensare a ricollocare l’INAIL solo come ente risarcitorio, ritornando a quanto previsto  dalla legge 833/1978 mai attuato. Fidiamo in quanto annunciato dal nuovo Governo al punto 4 del programma, dove ha previsto di  ‘realizzare un piano strategico di prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, assicurando livelli elevati di  sicurezza e di tutela della salute nei luoghi di lavoro, nonché un sistema di efficiente vigilanza, corredato da un adeguato apparato  sanzionatorio’. Se così fosse, e speriamo che lo sia, non potrà fare a meno di intervenire sull’organizzazione e la funzione

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