Due giornate dedicate a Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Prima il conferimento del fondo archivistico «Ilaria Alpi»alla Fondazione per gli studi sul giornalismo «Paolo Murialdi». Il 20 settembre mattina il presidio a Piazzale Clodio e per dire#noinonarchiviamo alla nuova udienza con la richiesta di archiviazione delle indagini sull’omicidio della giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e del suo operatore Miran Hrovatin avanzata dalla procura di Roma.
«Oggi siamo qui per una richiesta diversa da quella dell’archiviazione – ha dichiarato il presidente della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi), Giuseppe Giulietti–, la richiesta di ottenere verità e giustizia che Giorgio e Luciana Alpi, i genitori di Ilaria, hanno portato avanti con caparbietà sino all’ultima loro possibilità; oggi quella richiesta l’abbiamo caricata sulle nostre spalle e spetta a noi oggi portarla avanti. Per questo – ha proseguito Giullietti –affermiamo con forza che: noi non archiviamo e che torneremo alla Camera dei Deputati per chiedere se gli atti sono sati desecretati. Alla Commissione ambiente, per capire se davvero partiranno le audizioni sul tema delle ecomafie. Torneremo dal presidente Morra che ieri ha detto che intende ottenere l’acquisizione di tutti i documenti; chiederemo a tutti i giornalisti di recarsi alla Fondazione Murialdi per consultare i diari e le lettere della famiglia Alpi, dove, forse, potranno trovare ulteriori elementi essenziali per illuminare ancora questa vicenda. La comunità di persone che chiede verità e giustizia deve rimanere coesa, oggi come ieri. Deve farlo per chiedere verità e giustizia per Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, per Giulio Regeni, per il cronista di Radio Radicale Antonio Russo, per Daphne Caruana Galizia,e tutte le persone che ancora la attendono; perché ogni volta che ci si dimentica che qualcuno può essere cancellato, perdiamo la nostra onorabilità».
Un messaggio importante inviato alla Federazione nazionale della Stampa italiana è arrivato ieri anche dal nuovo sottosegretario all’Editoria, Andrea Martella: «La tragica vicenda di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin rimanda a uno dei temi centrali per ogni democrazia che voglia essere credibile per i cittadini, ed è quello di non frapporre ostacoli al perseguimento della verità e della giustizia. Figli di un’Italia dai troppi misteri irrisolti – prosegue Morra –, Ilaria e Miran hanno pagato con la vita la loro missione di giornalisti che hanno testardamente cercato di raccontare la realtà degli interessi, anche economici, che si nascondono dietro ognuna delle “piccole” guerre dimenticate. Con loro l’intero Paese ha contratto un debito di riconoscenza civile che non può essere estinto con l’arrendevolezza, ma che va saldato assumendo il testimone della verità». In quest’ottica d’impegno si sta muovendo la grande mobilitazione che vede attorno alla vicenda sedere in prima fila la Fnsi, l’Ordine dei giornalisti, l’Usigrai, Articolo 21, il Comitato di redazione del Tg3, Libera Informazione e l’Associazione Amici di Roberto Morrione: «C’è un senso civile d’impegno per questo nostro Paese, per la società nella quale viviamo, che è presente dentro a questa storia – ricorda Francesco Cavalli, già fondatore e direttore del Premio Ilaria Alpi, oggi segretario generale del Premio Roberto Morrione – ed è questo senso etico così alto che viene immediatamente colto dai più giovani che incontriamo nelle scuole.“Mai avuto verità”. L’eco delle parole di Giorgio Alpi risuonano nel mio cuore prima ancora che nella mente, ma sono lo stimolo maggiore a non mollare, a rinnovare l’impegno di fronte ai continui tentativi di mettere una parola fine. Anche se i tribunali o le aule della politica decidessero di chiudere le porte alla ricerca della Giustizia e prima ancora della Verità, questo senso d’impegno civile per la Verità che si portano dietro i nomi di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin non verrà a meno. Quello che vorrei oggi ricordare – prosegue Cavalli – in questi due giorni così importanti e legati al proseguimento o l’archiviazione dell’inchiesta sul duplice omicidio avvenuto a Mogadiscio in Somalia è invece il lavoro di Ilaria, la sua passione giornalistica, la sua tenacia e determinazione nel voler cercare, ricercare, connettere e raccontare. Ilaria era un’appassionata di umanità e il suo impegno così alto per la professione del giornalista era l’incarnazione di questa sua passione civile per l’umanità. Questo – conclude Cavalli – è quello che più di ogni altra cosa Ilaria ci lascia come eredità, tenere viva la memoria e rinnovare gli sforzi per fare Verità. Lo dobbiamo a Ilaria e Miran, a Giorgio e Luciana, ma lo dobbiamo anche a noi stessi».