Il carcere incompatibile con il diritto di cronaca

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La Corte Costituzionale si esprimerà sulla legittimità del carcere per i giornalisti per il reato di diffamazione. Alla Consulta è arrivata l’ordinanza del Tribunale di Salerno, dove avevamo presentato con l’avvocato del Sindacato unitario giornalisti della Campania, Giancarlo Visone, una eccezione di incostituzionalità. Era uno dei tanti processi per diffamazione a mezzo stampa che seguiamo con il nostro sportello antiquerele. Sotto accusa l’ex collaboratore del “Roma” Pasquale Napolitano e il direttore del giornale Antonio Sasso. Uno spazio necessario quello dello sportello per affrontare una emergenza, quella dell’aggressione continua a chi fa informazione. Ma anche un luogo di riflessione sul nostro ordinamento giudiziario che penalizza in maniera determinante il diritto di cronaca.

Il carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa è previsto sia nel codice penale (art.595) che nella legge sulla Stampa, la 47 del 1948. Questo oltre a violare libertà e principi fondanti come quelli sanciti dall’articolo 3 e dall’articolo 21 della nostra Costituzione, va contro quanto previsto dall’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Sono anni che chiediamo al legislatore di intervenire su quello che riteniamo un limite sostanziale alla libertà di informazione e quindi al sistema democratico del nostro Paese. Su questo tema abbiamo già incassato a Napoli il 18 giugno scorso l’impegno del primo ministro Giuseppe Conte. Sono anni, tuttavia, che proposte di legge sul tema restano nei cassetti delle commissioni parlamentari. Ci auguriamo, per questo, che la Consulta intervenga tenendo conto delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha più volte dichiarato il carcere incompatibile con il diritto di cronaca.


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