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Governo. Vincolare la formazione all’esito della Rousseau costituisce un gravissimo vulnus ai principi costituzionali

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Il Capo politico del M5S Luigi Di Maio ha deciso di vincolare la formazione del nuovo governo (M5S – PD) all’esito di un voto sulla piattaforma Rousseau poiché “gli iscritti del M5S hanno e avranno sempre l’ultima parola”. Tale decisione – oltre ad uno sgarbo istituzionale nei confronti del Capo dello Stato che, dopo le previste consultazioni anche con i Capi dei gruppi parlamentari, ha già conferito a Giuseppe Conte l’incarico di formare il governo – costituisce un gravissimo vulnus ai principi costituzionali che regolano la democrazia parlamentare e rappresentativa. Tale vulnus segue a quello già inferto al sistema democratico allorquando gli iscritti alla rete – chiamati a votare su un quesito che suggeriva la risposta – decisero che Matteo Salvini non dovesse essere giudicato dalla magistratura che aveva chiesto l’autorizzazione a procedere contro il Ministro degli Interni; ed a quanto deciso dalla maggioranza (circa 30.000) dei votanti in rete, si uniformarono i senatori del M5S chiamati a decidere se il rappresentante dell’esecutivo dovesse o meno essere giudicato da un altro organo dello Stato.

La decisione attuale è ancor più grave poiché, con tale “prevalente decisione” cui dovranno “attenersi” i parlamentari del M5S, si violano le norme costituzionali che regolano il procedimento per la formazione di un governo, vanificando la volontà espressa – nel corso delle consultazioni, prima con il Capo dello Stato e poi con il Presidente incaricato – dai capi dei Gruppi parlamentari del M5S che non sono – come vorrebbe la farneticante teoria dei fondatori della piattaforma Rousseau  “portavoce delle istanze degli iscritti” – bensì “portavoce” della volontà dei deputati e senatori, eletti dal popolo e riuniti in “gruppi”. Viene, in tal modo, condizionata la volontà dei parlamentari in sede di voto di fiducia sul nuovo governo giacché “l’orientamento prevalente degli iscritti diventa, come è naturale che sia, l’orientamento di tutto il Movimento”.

L’iniziativa del M5S rappresenta un attacco al principio di democrazia rappresentativa su cui si fonda la Costituzione italiana che, pur prevedendo istituti di partecipazione popolare (petizione, iniziativa legislativa, referendum abrogativo e costituzionale), non prevede un istituto che scalzi l’intermediazione politica e instauri un rapporto diretto tra cittadini e rappresentanti in Parlamento i quali sarebbero dei semplici portavoce dei cittadini partecipi in prima persona, mediante la rete, delle decisioni politiche. La nostra Costituzione non solo non lo prevede ma addirittura non lo consente stabilendo all’articolo 67 che “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. A Costituzione vigente, il sistema Rousseau si pone in evidente contrasto con il modo in cui la Costituzione stessa intende il rapporto tra rappresentanza e partecipazione: l’intero sistema costituzionale, la forma di Stato e di governo si reggono proprio sulla necessaria integrazione tra rappresentanza e partecipazione.

Ma, nel caso di specie, tale procedura, oltre la sua palese illegittimità costituzionale, si risolve in una vera e propria impostura che finisce per essere il sigillo della più spregiudicata operazione di democrazia parlamentare: si prospetta una verifica di massa, una chiamata al voto di milioni di elettori ma, invece, si raccoglie l’opinione di poche decine di magliaia di persone ponendo così in essere un meccanismo attraverso il quale un gruppo ristretto di persone (mediamente 30.000 – 40.000 su 110.000 iscritti) può condizionare l’operato e le scelte di parlamentari eletti da milioni di cittadini.

Tale sistema viene sperimentato all’interno del “Movimento” attraverso una piattaforma digitale (finita sotto la lente del garante della privacy per la sua permeabilità) – pomposamente definita piattaforma “Rousseau” (ai cui principi dice di ispirarsi il Movimento) – gestita da un’associazione privata (la “Casaleggio associati”) e alla quale possono accedere gli iscritti del Movimento (circa 110.000, molto pochi rispetto al numero degli elettori del Movimento di oltre 11.000.000 che in un sistema di vera democrazia diretta andrebbero consultati) e che ha consentito l’elezione, con appena 30.000 voti, di un “capo politico” con poteri assoluti nella persona dell’ambizioso Luigi Di Maio che è riuscito a raggiungere il doppio record, da un lato, di cumulare nel governo M5S – Lega ben tre cariche ministeriali (Vice-premier e due importanti ministeri, circostanza mai verificatasi nella storia della Repubblica) e, dall’altro lato, portare, in un anno, alla disfatta il M5S, sceso dal 32 al 17%, perdendo alle elezioni europee circa 6 milioni di voti. In un normale partito democratico, un capo politico che ha distrutto il “Movimento” da lui guidato, sarebbe stato messo alla porta ed invitato caldamente a non farsi più vedere. Viceversa, attraverso la “piattaforma Rousseau”, la maggioranza dei votanti (circa 40.000) ha confermato il Di Maio come capo politico assecondando, così – come di consueto – i “desiderata” del capo il quale non intendeva dimettersi dichiarando: “chiederò il voto sulla piattaforma Rousseau. Io non mi faccio processare. Devono essere gli iscritti a dirmi se restare o no alla guida del Movimento” . Sorge, così, il dubbio se la presenza del Di Maio nel prossimo governo come V. premier (carica da lui ambita e reclamata con forza) possa incidere sull’esito positivo (per il governo) della votazione, mentre la non presenza potrebbe incidere in senso negativo.

A ciò deve aggiungersi che la “piattaforma Rousseau” – cioè, quel sistema operativo che fa capo all’associazione gestita da Davide Casaleggio, unitamente a tale Pietro Dettori, “gurù” della comunicazione del Di Maio – dopo due anni di istruttoria, è stata bocciata dal “Garante della privacy” che ha irrogato una sanzione di € 50.000,00 accertando che tale sistema non solo è obsoleto ma è del tutto inadeguato a garantire la segretezza e la sicurezza – con grave pericolo di manipolazione – delle votazioni promosse dal “Movimento 5 Stelle”.

Invero, il Garante che, a seguito di approfonditi accertamenti, ha acclarato che “non è stata garantita l’integrità, l’autenticità e la segretezza delle espressioni di voto, caratteristiche fondamentali di una piattaforma di <<e-voting>>”. È stato, in sostanza, accertato che da quando si chiudono le votazioni on-line fino alla certificazione dei risultati effettuata dal notaio c’è “un’ampia finestra temporale in cui possono avvenire elaborazioni di vario tipo che vanno dalla mera consultazione a possibili alterazioni e soppressioni”. Inoltre, non esiste nessun ente terzo che certifichi né il numero dei votanti né i risultati finali di ogni votazione. Peraltro, dopo le contestazioni del garante e la relativa multa inflitta per le violazioni riscontrate e non ci sono notizie certe, se non a voce, di avvenute correzioni per la messa in sicurezza della piattaforma.

L’iniziativa del Capo politico dei 5 Stelle si pone, in definitiva, in contrasto con i principi costituzionali su cui si regge la nostra Repubblica (democrazia parlamentare rappresentativa) e meriterebbe un’attenzione da parte della magistratura sia ai fini di accertare la regolarità delle votazioni – che alla luce degli accertamenti del garante potrebbero risultare manipolate – sia ai fini di una eventuale fattispecie prevista dall’art. 287 c.p. (usurpazione di potere politico) che tutela il corretto svolgimento dell’attività degli organi costituzionali che potrebbe essere messa in pericolo o compromesso da una attività usurpatrice che si arroga un potere politico e, cioè, una funzione riservata alla potestà esclusiva dei parlamentari “che rappresentano la Nazione ed esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato”. L’indagine sarebbe l’occasione anche per accertare a che titolo e a quali fini i parlamentari del M5S versino a tale associazione privata parte degli emolumenti che lo Stato conferisce loro per l’espletamento di funzioni e compiti di natura pubblicistica, versamento che, nella misura di € 300,00 al mese per ciascuno dei circa 350 parlamentari del M5S portano alla ragguardevole somma di 1.500 milioni di €uro l’anno, somma destinata ad un consistente aumento poiché il versamento dell’ “obolo” è stato esteso ai neoparlamentari europei.


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