Che cosa c’entra la storia di Federico Aldrovandi con il calcio? Lo spiega bene un comunicato della Curva Ovest prima della partita casalinga del 25 settembre contro il Lecce, che cade proprio in contemporanea con il 14* anniversario della morte del ragazzo, ucciso a 18 anni a Ferrara durante un controllo di polizia:
“E’ un simbolo d’amore, di lotta, di giustizia. Non diteci che non c’entra col calcio. Chi sta sui gradoni di una curva sa bene come in Ovest si celebri tutto ciò che crea appartenenza identitaria alla nostra città e Federico è fieramente entrato a far parte dell’identità della nostra città. Per questo lo vogliamo celebrare e ricordare. A tutti. Anche perché non accada mai più ai nostri figli quello che è successo a lui. Abbiamo ritenuto doveroso cogliere questa occasione per mostrare a tutta Italia il volto di un ragazzo che è divenuto nel corso degli anni, anche per il comportamento esemplare sempre tenuto dalla sua straordinaria famiglia, un simbolo della nostra città”.
Anniversari a parte, serie A o serie C, il tifo bianco-azzurro ma anche quello di molte altre squadre italiane unisce da una decina d’anni sport e diritti civili, pallone e giustizia, in un rapporto molto stretto con i genitori di Federico Aldrovandi. Un legame che è diventato anche più forte dopo che la bandiera con il volto di Aldo è stata proibita in alcuni stadi. E’ accaduto a Roma e a Genova, altre società sono state sanzionate perché i loro tifosi hanno esposto striscioni o immagini del ragazzo. Il giudice sportivo ha stabilito infatti che l’immagine di Federico rappresenta una provocazione nei confronti delle forze dell’ordine. Ma mentre altre bandiere “diabolicamente” non trovano ostacoli la memoria non si diffida e la solidarietà è comunque cresciuta.
La coreografia Ultrà nella partita Spal – Lecce sarà quest’anno l’unico ricordo pubblico per quanto spontaneo. Per la prima volta dopo 14 anni non sono previsti manifestazioni, cortei o concerti. L’Associazione Federico Aldrovandi si è sciolta quest’estate. Una scelta dolorosa e sofferta dietro alla quale sta la volontà della famiglia. Lo ha spiegato così la mamma Patrizia Moretti:
“Non è vero che il tempo aiuta, anzi è sempre peggio: per me, per mio figlio Stefano, per mio marito Lino, il dolore è lacerante, continuo, enorme e diventa un buco nero a ogni commemorazione. Non ce la facciamo più a condividere sempre pubblicamente la nostra testimonianza e sentiamo il bisogno di ritirarci nel guscio. Non è possibile elaborare un lutto del genere ma vogliamo provare a farlo in famiglia. Ora che la memoria di Federico è una memoria condivisa lasciamo a voi giovani la memoria collettiva che non si deve disperdere, anzi, ringrazio sin da ora chi vorrà ricordarlo in altri contesti, che sia in un concerto o in curva, in un dibattito o in un incontro pubblico”.
Ma cosa è cambiato in questi 14 anni?
“C’è una maggiore consapevolezza ma per il resto non è cambiato nulla, spiega la mamma di Aldro, dopo le sentenze del 2012 ci si aspettava un cambiamento e invece le regole sono rimaste le stesse, i poliziotti hanno continuato a indossare la divisa“.
Sarà della partita come in tutti i turni casalinghi della Spal, il padre di Federico, Lino Aldrovandi. Da ormai vecchi tifosi, seduti a pochi seggiolini di distanza, tribuna blu settore dispari, assisteremo ad una partita che non è solo un gioco . Già che c’entra con il calcio? Tanto.