Se me lo chiede Renzi, no; se lo decide Mttarella, sì.
Parte dal Quirinale la soluzione per offrire a Zingaretti una via d’uscita dall’empasse del “voto subito”, senza perdere la faccia nel riorientare il partito verso un’alleanza con i 5 Stelle per la continuazione della legislatura. Infatti, se fosse Mattarella a verificare l’esistenza di una maggioranza tra gli ex nemici PD e 5 Stelle , nel nome della stabilità del Paese, i mal di pancia a sinistra e tra i grillini cesserebbero. Anche perché la posta in gioco è enorme: non la consueta titolarità di un governo, ma la sopravvivenza del nostro sistema democratico. Infatti, Salvini è stato chiaro: vuole i poteri “pieni” putiniani, non quelli separati e autonomi che prevede la Costituzione. E basta vedere come sono trattati stampa, dissidenti e dimostranti a Mosca, per capire che un “capo” non più indiscusso non ricambia la gentilezza restituendo il pieno potere con la stessa facilità con cui gli è stato dato.
C’è chi – giustamente – mette in guardia dal rischio autogoal: se Salvini va all’opposizione si rinforza ancora di più. Dipende. Se il nuovo governo si reggerà su un “contratto di sopravvivenza” farà la fine del precedente esecutivo contrattuale. Se invece avrà l’ambizione di durare e sollevare il Paese con scelte di giustizia sociale e sviluppo economico, Salvini e il salvinismo si ridurranno allo zoccolo duro dei tifosi (vedi parabola di B). La condizione essenziale affinché questo esperimento di inedita alleanza riesca è che ognuno abbia fatto tesoro dei propri principali errori: i 5 Stelle, nel demonizzare la competenza; il PD nell’abbandonare al liberismo i soggetti più deboli.
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