I vescovi, i sociologi, gli intellettuali, il presidente francese Macron al vertice del G7 in corso a Biarritz, dove peraltro è il padrone di casa, e, per rimanere in Italia, Walter Veltroni, il quale si è domandato pubblicamente perché nessuno abbia ancora organizzato una manifestazione contro lo scempio che sta subendo la Foresta amazzonica: quanto meno, in tanta malora e in tanto degrado globale, le proteste sono notevoli e il pessimo Bolsonaro è isolato. A difenderlo e a offrirgli comprensione e sostegno è rimasto solo Trump, ben contento di avere un suo fedelissimo alla guida di uno dei paesi più importanti dell’America Latina. Il resto del mondo, a cominciare dai grandi, si è indignato e sta compiendo appelli ma anche minacce significative, come ad esempio quella dello stesso Macron di bloccare gli accordi fra l’Unione Europea e i paesi del Mercosur se non verrà fermata la barbarie che sta aggredendo le popolazioni indigene e l’ultimo polmone verde rimasto sulla Terra. Il che ci ricorda, se ancora ce ne fosse bisogno, quanto sia indispensabile l’Europa e quanto sia necessaria una campagna ambientalista di livello globale per contrastare vecchi e nuovi fascismi che nella distruzione del territorio e nella deforestazione delle aree naturali vedono il proprio trionfo, in nome di un capitalismo selvaggio, ignorante, dissennato e destinato a condurre l’umanità all’estinzione.
Oggi più che mai, al tavolo dei sette grandi del pianeta, stiamo assistendo alla spaccatura evidente fra la concezione del mondo di chi vorrebbe continuare a vivere in un contesto di pace e progresso e quella di chi si fa paladino di un neo-colonialismo distruttivo e pericoloso, insostenibile per gli equilibri internazionali e foriero di conflitti che potrebbero condurci alla catastrofe.
E il fatto che la Chiesa, da Francesco in giù, coinvolgendo attivamente l’episcopato sudamericano di cui, del resto, il pontefice è stato a lungo guida e punto di riferimento, il fatto che la Chiesa sia attualmente l’attore principale in questa sfida all’orrore rende bene l’idea di quale sia la posta in gioco.
Del resto, la distruzione dell’Amazzonia e il martirio degli indigeni non è una casualità ma uno dei punti qualificanti del programma dell’attuale presidente, da noi esaltato da stampa e propaganda di varia natura per averci restituito Battisti e mai, invece, analizzato e contrastato per la deriva cui sta conducendo una delle Nazioni più importanti e significative del mondo, oltretutto abitata da oltre duecento milioni di persone.
L’attacco sferrato contro le ONG, poi, è davvero l’apice della bestialità di una campagna d’odio rivolta contro i più deboli ma, soprattutto, contro chiunque tenti di opporsi alla disumanità imperante, creando un clima da caccia alle streghe nei confronti di chi si ostina a fare del bene al prossimo e, per questo, viene coperto addirittura dall’infamia di essere l’artefice dei roghi che da gennaio stanno distruggendo un patrimonio irrecuperabile e assolutamente imprescindibile.
Come dicevamo, tuttavia, trumpismo mondiale, che vede in Bolsonaro uno dei suoi alfieri, è giunto finalmente sul tavolo dei grandi del pianeta. Ci aspettiamo che tutta l’Europa faccia fronte comune per chiedere la tutela del nostro futuro e anche che Macron e la Merkel prendano una posizione congiunta nei confronti non solo del fascista brasiliano ma anche degli Stati Uniti, il cui imbarazzante silenzio conferma le effettive posizioni, nonché le mire, dell’attuale amministrazione. Sarebbe una rottura epocale, ce ne rendiamo conto, ma al tempo stesso la riteniamo indispensabile per la sopravvivenza di miliardi di persone. A tal riguardo, è angosciante assistere alla fragilità e all’assenza di iniziativa di un’Italia in tutt’altre faccende affaccendata a causa dell’irresponsbailita della sua classe dirigente, in parte bolsonarista e in parte incapace di coltivare una scala di valori e priorità che abbiano qualcosa a che vedere con i temi di cui si discute nel mondo.
Ci affidiamo, dunque, alla lungimiranza dei cattolici, alla loro saggezza e alla loro capacità di essere, soprattutto in questa fase, il motore di una svolta globale che non è più rinviabile.
Boslonaro è quasi solo. Battiamoci affinché l’America democratica riesca, l’anno prossimo, a mandare a casa il suo principale sponsor.
Iscriviti alla Newsletter di Articolo21