Un prelato salviniano a tutto tondo che sale sul pulpito ed invita i fedeli ad avere un occhio di riguardo solo ‘per gli italiani, per la Patria, per i nostri anziani e i nostri malati’. Don Donato Piacentini, parroco della chiesa di San Rocco a Sora, nel Frusinate, nell’omelia del 16 agosto durante la processione in onore di San Rocco da Montpellier, grande esempio di solidarietà umana e di carità cristiana, Protettore degli ammalati e di chi fa volontariato, si è contraddistinto per un discorso ritenuto sovranista e che sta spopolando sul web e sui social ma che ha anche portato il Vescovo della Diocesi locale a prendere le distanze.
“Dove sono gli uomini, non sono sulle navi che si vanno a soccorre che trasportano persone che hanno telefonini o catena al collo e dice che vengono dalla persecuzioni. Ma quale persecuzioni? Guardiamoci intorno, guardiamo la nostra città, guardiamo la nostra Patria, guardiamo le persone che ci sono accanto, che hanno bisogno. E io quante ne conosco, sono tante, tantissime le persone che si vergognano dello loro stato di vita”. Parole dure, inconsuete per un esponente della Chiesa di Papa Francesco, applaudito da qualche presente ma giudicato fuori luogo da molti fedeli che hanno deciso di abbandonare la funzione religiosa. Frasi che, nel giro di poche ore, hanno suscitato un vespaio di polemiche e che hanno indotto il vescovo della diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo-Cassino a prendere le distanze. Monsignor Gerardo Antonazzo in un breve comunicato ha spiegato la vera essenza della festività di San Rocco: “Nella ricorrenza della festa di San Rocco il vescovo Monsignor Gerardo Antonazzo ha celebrato l’eucarestia in piazza San Rocco, in Sora, davanti ad una gremita assemblea di fedeli. Nell’omelia il pastore della Diocesi, attingendo alla ricchezza dei testi della Parola di Dio proclamata durante la liturgia, ha sottolineato come uno dei cardini fondamentali della vita di San Rocco è stata la scelta evangelica del “prima gli altri” per amore di Cristo povero e sofferente, presente negli appestati, contagiati, ammalati e moribondi che San Rocco ha abbracciato, servito, amato più di se stesso. La testimonianza di San Rocco incoraggia ancor più l’operato della nostra Chiesa, soprattutto attraverso la Caritas, sempre impegnata nell’accoglienza e nel servizio amorevole delle antiche e nuove forme di povertà. Tale accoglienza è stata rivolta in particolare agli immigrati giunti sul nostro territorio, in perfetta collaborazione con la Prefettura di Frosinone, con le Istituzioni civili locali, con le Associazioni di volontariato impegnate nel processo di integrazione.Questa è la scelta pastorale che non potrà cambiare perché il cristiano obbedisce al Vangelo della Carità nei confronti di chiunque, senza distinzioni né esclusioni. Qualunque pensiero in senso contrario espresso da chiunque non esprime la volontà della Chiesa diocesana, e si deve addebitare esclusivamente a discutibili scelte personali di ogni singolo soggetto. Nel prossimo mese di settembre il direttore della Caritas diocesana sarà presente in Turchia all’incontro internazionale delle Caritas impegnate nell’accoglienza degli immigrati”. Ha provato il Vescovo, ma senza grandi risultati, ad arginare l’ondata di polemiche che hanno trovato il sarcerdote. Ad inasprire ancor di più il popolo dei social sono stati i post e le foto condivise da monsignor Piacentini sulla sua pagina Facebook in elogio al Ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Ma a far scoppiare una vera e propria marea di insulti è stato il messaggio che lo stesso prelato la lasciato sulla pagina ufficiale della Lega – Salvini Premier in data 7 luglio 2018 nel quale oltre che a chiedere un contatto diretto con il Ministro esprime anche “profonda solidarietà a tutto il suo operato e con me ce ne sono migliaia che lo seguono e sono contenti di quanto sta facendo. Mai mollare”. E se questo fosse un sacerdote dovrebbe indossare la stessa veste che fu dell’eroico prete ciociaro Giuseppe Morosini, giovanissimo parroco di Ferentino in provincia di Frosinone, torturato, bruciato e fucilato nelle Fosse Ardeatine dalle truppe tedesche nel 1944. Come unica colpa, don Giuseppe, ebbe quella di difendere ‘i deboli e gli innocenti da una guerra spietata e ingiusta’. Un eroe dei nostri tempi a cui sono state dedicate scuole, piazze e vie sia nel Lazio e che in diverse regioni d’Italia. La tonaca della solidarietà sporcata a distanza di 75 anni dalle velleità politiche di un ‘fratello’ che forse ha sbagliato cammino.