L’appello che lanciamo oggi ha lo scopo di provare a curare una ferita profonda che in questo ultimo anno il linguaggio di odio ha inferto alla autorevolezza della comunicazione istituzionale e alla verità dei fatti. Chiediamo alle Istituzioni, al Governo nascente, di ricominciare ad adottare un linguaggio appropriato e coerente con la realtà quando parla di migrazioni.
È una cura necessaria per segnare un cambio di passo, la cura del buon senso e dei numeri reali che aiuti a ristabilire un clima di normalità intorno al tema delle migrazioni, che consenta all’informazione di fare il proprio lavoro senza rincorrere le urla della campagna elettorale permanente nella quale siamo costretti da tempo e ai cittadini di essere informati correttamente.
Gli italiani hanno la percezione più distorta d’Europa sulle migrazioni, sovrastimano le presenze come ci dice più di uno studio. Esiste una realtà basata sui fatti ed esiste un’altra realtà basata sulla percezione che abbiamo di quegli stessi fatti. Spesso queste due realtà non sono sovrapponibili, non coincidono, sul tema delle migrazioni non coincidono nella maggioranza dei casi. La leva dell’intolleranza e dell’ostilità poggia sulle parole che deformano la realtà e costruiscono una percezione distorta dei fatti. Parole come invasione, pacchia, crociera, parole chiave che la comunicazione istituzionale ha adottato come proprie.
Cambiare linguaggio significa chiamare le cose con il proprio nome: chiamare naufraghi i naufraghi, soccorritori i soccorritori, razzisti i razzisti.
Sarebbe una svolta importante oltre che necessaria.