Guardate questo grafico: indica i temi trattati dai 7 tg generalisti (i 3 Rai, i 3 Mediaset e il TgLa7) nella recente campagna elettorale per le europee, ordinati secondo la quantità di tempo che è stata dedicata ad ogni materia. In testa la criminalità, all’ultimo posto l’istruzione. Non è una sorpresa, certo: lo sappiamo da anni che il crimine paga, in termini di share. E tuttavia non ci si può rassegnare ad una graduatoria “messicana”, tanto stridente coi dati reali che ci collocano tra gli Stati più sicuri dell’Unione europea (nel 2017 il tasso di omicidi nel nostro Paese si attestava a 0,59 ogni centomila abitanti, contro la media Ue che è di 1) e dunque del mondo (siamo in 192esima posizione). Non meno ignominiosa, al lato opposto del grafico, la voce che chiude la classifica: di istruzione sostanzialmente non si parla, nel Paese che ipocritamente finge di preoccuparsi quando escono i dati dei test Invalsi a ricordare le gravi lacune del nostro sistema educativo.
La ricerca condotta dall’Osservatorio di Pavia (per chi voglia saperne di più https://www.osservatorio.it/wp-content/uploads/2019/07/Relazione-2.pdf) contiene molti dati interessanti ed evidenzia differenze assai consistenti nelle scelte dei diversi telegiornali, ognuno dei quali è oggetto di un’analisi specifica e di un giudizio sottratto alle generalizzazioni. Ma la colonna che svetta in alto a sinistra chiama complessivamente in causa l’informazione, perché dice che il nostro ordine delle priorità – l’agenda setting – è sostanzialmente quello che decide e dibatte la politica. E’ proprio inevitabile che sia così? E’ proprio inevitabile che si vada a rimorchio dei temi che questa o quella parte politica considera più redditizi, anche quando sono vistosamente sovrastimati rispetto ai dati di realtà?
Così facendo finiamo per alimentare, anche involontariamente, quella macchina dell’odio che sta funzionando sempre meglio in rete e che ha bisogno di un carburante come la diffusa sensazione di insicurezza per costruire il racconto di un Paese spaventato, lacerato, rinserrato in se stesso ed incapace di tendere la mano, anzi ‘costretto’ a difendersi da presunte invasioni.
Il lavoro sulla Carta di Assisi che abbiamo assunto come impegno tra i principali di Articolo 21 per il prossimo autunno servirà a questo: dare qualche strumento in più per provare a smontare la produzione di odio a mezzo web, che inquina complessivamente tutto l’ambiente mediatico. Sarà questo il taglio – professionale e civile al tempo stesso – con il quale Articolo 21 parteciperà anche alla Giornata nazionale di mobilitazione contro i ‘muri della vergogna’, lanciata da Flavio Lotti e che si svolgerà sabato 9 novembre 2019 in occasione del trentesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino. I muri della vergogna crescono sulla disinformazione, sullo stravolgimento dei dati oggettivi, su campagne che costruiscono ed impongono emergenze fittizie. Se un contributo può dare l’informazione in questa fase così delicata, è proprio quello di aprire le ‘camere dell’eco’ e farci entrare il vento della realtà.
Roberto Natale, coordinatore comitato tecnico-scientifico di Articolo 21