Settantacinque anni fa le tremende stragi di Marzabotto e Sant’Anna di Stazzema, con la loro scia di sangue, di orrore e una condanna storica tanto forte quanto mai veramente unanime. Specie negli ultimi anni, infatti, la memoria di quei giorni è andata affievolendosi fino quasi a smarrirsi: in parte per la fisiologica scomparsa degli ultimi testimoni di quelle vicende, in parte per il pessimo clima politico che si respira nel Paese, con il riemergere di un fascismo estremamente pervasivo e ormai ben presente anche all’interno delle istituzioni.
Settantacinque anni da due mattanze che sconvolsero l’Appennino tosco-emiliano e costituirono una molla potente nella lotta contro l’oppressione nazi-fascista, divenendo un simbolo della riscossa dell’Italia e andando a innervare, in seguito, i princìpi della Costituzione.
Settantacinque anni e quasi nessuno ricorda più nomi strazianti come Reder e Kesselring, la loro ferocia e le loro stragi, la violenza che furono capaci di esercitare contro popolazioni inermi e colpite a tradimento, senza pietà, unicamente per odio e per rappresaglia.
Settantacinque anni ed è bene richiamare le parole di Calamandrei, quando disse ai giovani di recarsi in pellegrinaggio nei luoghi in cui è nata la nostra Costituzione, esortandoli a non dimenticare il sacrificio e le immani sofferenze di quanti morirono per restituirci dignità e diritti.
Settantacinque anni ed è doveroso ricordare anche gli eroici carabinieri (Alberto La Rocca, Vittorio Marandola e Fulvio Sbarretti) che sacrificarono la propria vita in quel di Fiesole, collaborando clandestinamente con la Resistenza e consegnandosi spontaneamente, una volta scoperti, per salvare la vita a dieci civili che i nazisti minacciavano di fucilare al posto loro.
Settantacinque anni ed è importante, oggi più che mai, che le nuove generazioni sappiano, che la memoria sia concreta e non un mero esercizio retorico, che la dignità e i diritti di ciascun essere umano vengano riaffermati e che nessuna conquista venga considerata al sicuro perché, come vediamo ogni giorno, non abbiamo alcuna certezza, tanto meno contro il fascismo che monta a livello globale.
Settantacinque anni e, personalmente, considero un dovere morale rendere omaggio ai cittadini delle località devastate da simili martiri, ai pochi politici che ancora avvertono forte il senso dello Stato, della storia e delle istituzioni e a quanti ancora si battono per un’idea di umanità e di giustizia sociale, lottando con lo stesso spirito dei ragazzi di allora e tenendo alta la bandiera di una resistenza che, per forza di cose, non può avere carattere celebrativo.
Settantacinque anni: la misura del tempo che è passato e la responsabilità dei giorni che ci attendono, purtroppo tutt’altro che semplici.