Aveva lavorato con Sordi, Totò, Gassman, Fabrizi, De Sica, Pupi Avati e persino Roman Polanski (in “Che?” del 1972)
Carlo era un ossimoro vivente: un viso ‘disegnato’ da Picasso e una recitazione rubato alla strada (a. crespi)
Quella sua voce nasale, ‘tagliuzzata’, in punta ansiogena ed introversa: inconfondibile.. Puta caso si fosse imbattuto, da sprovveduto, nel cinema di Pasolini sarebbe stata una fra le tante maschere a perdere della sua tremenda tavolozza umana. Per sua fortuna, Carlo furoreggiava in altri ambienti: il cinema di Carmen Villani. (a.p.)
Duttile, inafferrabile, persino (e innocuamente) mefistofelico, in quella sua mercuriale capacità di trasfigurare dall’infantile al sulfureo, dal buffo disarmante al più perfido egocentrismo (mix di ‘calcolate’ ingenuità e impercettibili furbizie- vero archetipo della stirpe di Romolo), al compimenti dei 70 anni di carriera, ed 83 anagrafici (nato nel 1936 in provincia di Teramo), ci lascia anche Carlo Delle Piane, come a “compimento” di questa incresciosa black list agostana, nel corso della quale si è financo perso il conto dei lutti e congedi fra le più le più amate personalità della creatività, della scrittura, dello spettacolo.
Come più volte egli ebbe a raccontare, il primo film “per Carlo” era arrivato quando era appena dodicenne, nell’immediato dopoguerra (e in quel particolare ambiente proletario-piccolo borghese magistralmente raffigurato da Renato Castellani in “Sotto il sole di Roma”). «Frequentavo malvolentieri e maldestramente, strategicamente piazzato all’ultimo banco, le scuole medie al Pio XI. Lì arrivarono gli assistenti del regista Duilio Coletti che cercavano tra gli alunni i ragazzi per un film ispirato a “Cuore” di De Amicis. Come fu, come non fu, venni scelto…«
Da lì poi sarebbero arrivati i ruoli di una vita, dal basso verso l’alto, in ascesa (e consapevolezza) d’interprete. «Ci volle del tempo –ricordava Carlo in una conferenza stampa veneziana- perché iniziassi a vivermi il cinema come una necessità e non solo di fare un mestiere istintivo e redditizio… Iniziando così a desiderare di mettermi in gioco non più solo come figurante o macchietta. Molti approfittavano, non certo benevolmente, di questa mia faccia sghemba e particolare- per alcuni prossima al ‘ritardato’, al ‘segnato da Dio’…in realtà resa così da una brutta pallonata ricevuta da ragazzino, giocando in oratorio…Nessun complesso, solo qualche disagio iniziale, lo stupido confronto con i ‘belli’ del fico secco…. finì anzi che mi affezionai alla mia faccia, usandola persino e controcorrente, per tentare di ‘rimorchiare’ le mie coetanee…. di affinarne i tratti, la prossemica caratteriale, potenzialmente disponibile ai ruoli più disparati e imprevedibili ».
Così fu.
L’incontro con Sordi è del 1954: Carlo diventa Romolo Pellacchioni, detto Cicalone, l’amico di Nando Mericoni, in “Un americano a Roma” diretto da Steno. E, a seguire, la schietta amicizia con Aldo Fabrizi «Non troppo amato dai colleghi per la sua brusca franchezza, con cui lavorai in “La famiglia Passaguai” e nel “Rugantino” di Garinei e Giovannini,…per me una vera età dell’oro».
Determinante, poi, e come tutti riconosciamo (dopo un incidente l’auto in cui Delle Piene rischiò la vita e rimase a lungo in come), l’incontro con Pupi Avati, che seppe valorizzarlo dapprima in “Tutti defunti, tranne i morti” del 1977, poi in “Le strelle nel fosso” del 1979, ‘consacrandolo’ infine in “Una gita scolastica” (Nastro d’argento nel 1986), successivamente in “Regalo di Natale” (Coppa Volpi in Laguna nel 1986, a sorpresa sul favorito, amareggiato Walter Chiari, da cui il sequel “La rivincita di Natale” del 2004), ove l’arguto cineasta inventò per lui il personaggio infido e infelice del sedicente avvocato Sant’Elia, ‘svagato’ professionista del gioco d’azzardo in veste di benestante raggirabile e sottilmente succube di “certo e inarrivabile” fascino femminile (memorabile la frase, ed ineffabile l’espressione maniacal-sprovveduta, che rivolge ad una bella signora, in attesa d’un treno alla stazione di Bologna, “Lei non è una prostituta, vero? Peccato, sarebbe stata la mia sola opportunità…ma non si offenda…è un complimento”).
Infine, due chicche che non è detto siano in tanti a ricordare. L’unicum registico di Delle Piane nel soffuso e melanconico “Ti amo Maria” del 1997, dapprima interpretato a teatro, in coppia con Laura Lattuada, su copione di Giuseppe Manfridi.
Ed infine, lo spin-off di “Regalo di Natale” (inventato dal regista Giuseppe Foresi per “Chi salverà le rose” del 2017) presentato alla Casa del Cinema di Roma, del quale si sono poi perse le tracce, facendo torto non solo a Delle Piane, ed all’autore, ma alla magnifica senilità di Lando Buzzanca, coprotagonista del film ed attore giunto a maturazione dopo lunghissima gavetta e inenarrabili equivoci di farsacce (e maschere) da dura sopravvivenza.
Proviamo a rintracciarlo….