Sono passati cinque anni da quando il “Nostro” Federico Orlando ci ha lasciati, con lo stile di una vita, in punta di piedi, con sobrietà, ironizzando anche sul male e continuando ad incitarci a non mollare mai, a salvaguardare le libertà costituzionali, a difendere ogni giorno quell’articolo 21 della Costituzione riconquistato a caro prezzo, ma sempre esposto ai venti del l’intolleranza e dei bavagli, di ogni natura e colore.
L’associazione Articolo 21, non a caso, e grazie proprio a Federico, è nata nella stagione degli “editti bulgari”, dei conflitti di interesse irrisolti, ieri come oggi, delle minacce nei confronti di chi non aveva la vocazione alla genuflessione e al servaggio.
Non è difficile immaginare cosa avrebbe detto Federico davanti ad un ministro che insulta i cronisti e si rifiuta di rispondere alle domande non solo dei giornalisti, ma anche a quelle dei parlamentari; lui che aveva denunciato i direttori che accettavano di mandare in diretta e senza intermediazione giornalistica, le video cassette spedite dal presidente del consiglio, allora proprietario di Mediaset e controllore anche del servizio pubblico.
Federico, da autentico liberale quale era, ha sempre difeso un principio a prescindere dal colore politico del molestatore o del manganellatore di turno.
La sua intransigenza morale non ammetteva sconti, anzi la sua indignazione cresceva quando, a derogare dai principi costituzionali, era un vicino di banco o un compagno di viaggio.
Quando, nel marzo del 2002, Sergio Cofferati e la Cgil decisero di scendere in piazza non solo per difendere l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, ma anche per salvaguardare la dignità nazionale, la contrattazione, la Costituzione, chiesero anche ad Articolo 21 di aderire.
Non sapevo come l’avrebbe presa Federico: marciare tra le bandiere rosse della Cgil?
Ritrovarsi con chi, nel passato, aveva spesso criticato,insieme al suo maestro Indro Montanelli, dalle colonne del Giornale e della Voce?
Temevo che mi avrebbe mandato in località imprecisata, anche se con il garbo, l’ironia e l’affetto di sempre, invece lui rispose così “Sono un liberale e voglio essere presente ovunque si manifesti per le libertà e per la Costituzione, è proprio perché sono un liberale sono ancora più indignato dalle provocazioni e dai bavagli di chi usurpa il nome di Polo delle libertà..”
L’associazione articolo 21 fece così la sua prima apparizione a piazza San Giovanni e, insieme a Federico, sfilarono, tra i tanti, Sergio Lepri, per decenni direttore dell’Ansa, i registi Giuliano Montaldo e Ugo Gregoretti, Barbara Scaramucci, oggi presidente di Articolo 21, la giornalista Tiziana Ferrario, Davide Sassoli, attuale presidente del parlamento europeo, Roberto Zaccaria, Vincenzo Vita, Vittorio Emiliani, Tommaso Fulfaro, grande amico di Federico e “macchina organizzativa” di ogni iniziativa di quegli anni (e giornalisti e non solo, credenti e non credenti, radicali e moderati, uniti dal comune amore per i valori costituzionali e per la legalità repubblicana.
Questa passione civile, questo amore per il bene comune, questo senso delle istituzioni, hanno sempre accompagnato la vita di Federico, sino al suo ultimo impegno nella redazione del quotidiano Europa, dove si dedicava alla scrittura dei suoi pezzi e non negava mai un consiglio ai più giovani,perché credeva, come pochi, nel valore della testimonianza, della staffetta generazionale, nella possibilità di incontro tra le differenze e le diversità.
Oggi più che mai Federico ci manca, ci mancano le sue provocazioni, i suoi stimoli, gli inviti a “illuminare” i territori oscurati, l’esportazione ad uscire dai recinti delle banalità, dell’omologazione, delle vecchie appartenenze più ideologiche che ideali.
In questi giorni segnati dalla volgarità, dallo squadrismo di ritorno, dal rifiuto di rispondere alle domande dei giornalisti, dagli insulti volgari e sessisti, dall’oltraggio sistematico alla Costituzione, cosa ci avrebbe detto Federico?
Non si compie forzatura alcuna se si ritorna a quei giorni del 2002.
Forse Federico, un grande laico, intransigente difensori dei diritti civili, nemico di qualsiasi ingerenza clericale, amico di Pannella e di Massimo Bordin, in queste ore avrebbe apprezzato l’editoriale di Padre Spadaro, direttore di Civiltà cattolico, il suo invito a “Resistere” e a ribellarsi contro chi vuole cancellare i valori della solidarietà e dell’inclusione.
Forse gli avrebbe risposto proponendo una nuova e inedita alleanza tra credenti, diversamente credenti e non credenti e una manifestazione nazionale capace di unire chiunque si riconosca nel valori della carta costituzionale.
Del resto fu questo l’appello che lanciammo insieme, nel 2010, per una grande manifestazione contro ogni bavaglio e che ebbe come sola bandiera il tricolore e come solo simbolo la Costituzione (un grazie al direttore Stefano Corradino che ha svelto di riproporre l’editoriale di Federico).
Molti profetizzarono il disastro al grido di “Non è il momento…non c’è clima..non facciamo il loro gioco..saremo quattro gatti..”
Federico alzó le spalle, rispose “Meglio quattro gatti che un manipolo di imbelli, pronti a chinare il capo e a plaudire all’oligarca di turno..”, naturalmente la piazza non riuscì a contenere le presenze, ciascuno depose, almeno per qualche giorno, i suoi egoismi per ritrovarsi dietro un obiettivo più grande: la Costituzione.
Forse Federico ripartirebbe da quelle passioni, ci ricorderebbe che i valori costituzionali non sono separabili, che se cominci a colpirne uno, prima o poi verrà giù tutto l’edificio.
Siamo, ormai su quello stretto crinale che separa la democrazia dalla “democratura”, così cara a Putin, a Orban, a Salvini…
Questo è il momento per riunire chiunque creda che le diversità le differenze non siano un muro, ma possano e debbano diventare un ponte per favorire incontro, conoscenza, solidarietà, speranza di costruire un futuro senza guerre, senza sfruttamento, senza mafie.
Chiunque condivida questi valori deve essere capace di andare oltre ogni egoismo di parte e di partito e deve farlo oggi, come hanno scritto Paolo Borrometti ed Elisa Marincola, presidente e portavoce di Articolo 21.
Federico Orlando è stato capace di farlo, noi sapremo almeno imitarlo?
Un abbraccio alla moglie Nella, ai suoi figli e ai suoi nipoti che non lo hanno mai dimenticato e, soprattutto, non hanno mai dimenticato la sua lezione.