Negli ultimi giorni lo si è visto un po’ di più nelle tv, soprattutto straniere, però non è ricercatissimo Giovanni Tizian, il giornalista che, insieme ai suoi colleghi, sta facendo tremare i polsi al Ministro dell’Interno in carica. Lo abbiamo cercato noi per farci spiegare il clima tiepido con cui il mondo dei media italiani (in gran parte) ha accolto lo scoop sui fondi russi alla Lega.
“Da quattro-cinque giorni ci stanno chiamando tutti – dice – e siamo invitati nei contenitori tv per una notizia che, a dire il vero, abbiamo pubblicato a febbraio. Però va bene lo stesso. Quando è uscito l’articolo sull’incontro di Mosca, un po’ di mesi fa ormai, ci hanno snobbato un po’ tutti. Devo ammettere che era anche difficile perché quelli della Lega non vogliono fare confronti televisivi, pertanto molti direttori se non ci può essere confronto lasciano stare”.
Risposta elegante che, però, non elude un dato concreto, ossia il silenzio su questo argomento da parte di quasi tutti i media e anche un po’ della politica. Avete agito un po’ in solitudine voi de L’Espresso, è innegabile. Perché?
“Non mi sottraggo ad una riflessione, che credo vada fatta, anche all’interno della nostra categoria su come vengono affrontati gli argomenti, sulla tempistica e sull’agenda della cronaca. E’ vero: in questi ultimi mesi il Ministro dell’Interno e anche altri esponenti del Governo ‘dettavano’ la scaletta della giornata. La mattina tweet sui migranti, sui rom, sulla sicurezza e via così per tutta la giornata, ogni giorno. Nel frattempo in Italia e nel mondo succedevano tante altre cose. Noi de L’espresso abbiamo scelto di seguire quelle che noi credevamo fossero notizie e dunque abbiamo lavorato su questa storia. In un certo senso questo assetto dell’informazione in Italia ci ha pure favorito, perché abbiamo potuto lavorare all’inchiesta sui fondi russi con calma e senza timore di ‘bucare’”.
La più scomoda inchiesta sul possibile finanziamento al primo partito di Governo da parte dell’oligarchia russa “declassata” a pettegolezzo dalla Presidente del Senato non ferma l’effetto dirompente di ciò che era già emerso e ora viene confermato sui rapporti tra la Lega e il governo di Putin. Che effetto fa?
“Che effetto? Amarezza. E, come ho già ricordato, proprio la Presidente Casellati ha avuto parole di elogio durante la consegna del Premio Giustolisi. Con le affermazioni degli ultimi giorni mi pare che ci sia un minimo di contraddizione”
Anche la politica non ha fatto le barricate dopo i vostri articoli di febbraio e neppure dopo l’uscita de “Il libro nero della Lega” scritto con Stefano Vergine. Curioso pure questo.
“Ci sono state alcune interrogazioni del Partito Democratico subito dopo la pubblicazione della nostra inchiesta ma, anche lì, la Presidente Casellati non li ha calendarizzati quindi non è stato possibile affrontare l’argomento in aula, pertanto la definizione di ‘pettegolezzo’ applicata all’inchiesta giornalistica è quasi consequenziale. Ovviamente se questa è la considerazione che la seconda carica dello Stato ha del lavoro giornalistico alzo le mani. Che cosa posso dire?”
Sul piano dell’accertamento delle responsabilità penali eventuali conta molto che la Procura di Milano abbia iniziato ad indagare dopo i vostri articoli, no?
“Sì, la Procura ha aperto il fascicolo a febbraio e sta facendo le sue verifiche, sappiamo che in atti ci sono i nostri pezzi. Ma c’è anche dell’altro: mentre stavamo indagando sui sostenitori dell’associazione “Più Voci” e ci siamo imbattuti in Luca Parnasi, lo abbiamo chiamato, telefonata intercettata dalla Procura sul caso Parnasi che ora è negli atti dell’indagine per gli spunti ulteriori che può offrire. Questo per dire che non abbiamo mai mollato sui soldi che vanno alla Lega, perché quella ci sembrava e ci sembra tuttora una notizia di interesse pubblico al di là di ciò che viene indicato da questo o quel politico la mattina sui social”