Il sortilegio affabulatorio di Andrea Camilleri trova voce e corpo in un monologo intriso di terragna umanità, di sussulti della carne, di inquietudini dello spirito, di malìe, di echi di un “immaginario” inciso nella memoria degli uomini, gravido di sortilegi e accennati cannibalismi, di sonorità preziose, di allestimenti scenografici essenziali e polifunzionali, di una straordinaria varietà di moduli e registri interpretativi, di umori contrastanti, esibiti con devozione votiva a un testo reso vivo e palpitante dalla pregnanza fisica, vocale, umana di un poliedrico Montandon, ispirato da uno dei testi più affascinanti di Andrea Camilleri “Maruzza Musumeci”. Sedotto dalle doti narrative dello scrittore, reso celebre purtroppo soprattutto dal popolare Montalbano, nell’omonimo spettacolo, tratto dal singolare romanzo, a nostro avviso uno dei più interessanti della sua vasta produzione, Pietro Montandon ne ha curato la riduzione e se ne è fatto unico, sensibile, fedele interprete. “Cunto” popolare e colto, vergato da una penna felice, il racconto di uomini e sirene, irrompendo negli schemi popolari per assumere toni mitici, epici, velati da una sottile ironia, erompe con il suo fascino incantatore, come canto di sirena.
Che cosa accade quando un uomo, un maturo terragno, si innamora perdutamente di una giovane donna-sirena, fino a volerla in sposa, amandola per tutta la vita, mettendo al mondo sirenidi, lui che teme il mare e non lo vuole vedere neanche da lontano? Sono così diversi… Eppure resteranno insieme a Ninfa, contrada soleggiata sulle coste dell’Isola, tutta la vita, amandosi, venendosi incontro, rispettando le zone oscure, mantenendo vivo un sentimento che nutrirà la loro vita e quella dei loro figli.
Si può amare la diversità. Anche le sirene vogliono amore, quell’amore che è incantamento e rispetto del mistero dell’altro. Ignazio, forte di questo amore, asseconderà le stranezze di Maruzza, irretito dalla sua straordinaria bellezza, dalla sua voce, dalla sua passione carnale. Costruirà per lei una stanza da cui vedere il mare e due cisterne dove immergersi nuda, quando il richiamo del mare diviene insopprimibile. Lei, pur nell’ambiguità della sua doppia natura, gli regalerà la sua giovinezza, il suo ardore, il suo amore, i figli. Le sirene non sono più assassine. Come la Lighea di Lampedusa, ora diventano amanti sensuali e appassionate.
Tuttavia nella fiaba arcaica si introduce strisciante una sfumatura noir che come un filo teso percorre l’intera storia. L’ “addomesticamento” della misteriosa creatura non sarà senza spargimento di sangue. Maruzza e la sua Catananna Menica, con la quale parla in greco antico, complici, agiranno per l’ultima volta con la leggendaria ferinità. A farne le spese saranno il contadino Ulisse padre e Ulisse figlio. Le sirene non perdonano e non dimenticano.
Tra echi leggendari si incunea la materica forza di una Sicilia senza contorni, stretta tra l’odore della terra e la forza del mare, srotolandosi sul palco, guidata da un’alchemica e sapiente mano registica che dona agli spettatori questa singolare vicenda, dove si mescolano, sul filo di una intensa narrazione dal ritmo teso e vibrante, scene/quadri, volti, atmosfere aspre e sensuali condite da un umorismo sottile e benevolo, in efficace contrasto con gli ardori poetici dei momenti surreali.
La esperita naturalezza dell’intensa e variegata interpretazione di Pietro Montandon fa di questa trasposizione drammaturgica del piccolo gioiello di Camilleri una pietra preziosa da incastonare nella già onusta carriera dell’apprezzato attore siciliano.
Maruzza Musumeci
dal romanzo di Andrea Camilleri
Riduzione teatrale di Pietro Montandon
Regia di Daniela Ardini
Con Pietro Montandon