Il povero Gianluca Savoini non lo conosce nessuno tra i politici che contano nel Paese. Nonostante sia stato presente ad almeno due cene molto importanti, nessuno lo aveva invitato né frequentato prima. O è un uomo scaltro che riesce ad imbucarsi nei posti giusti al momento giusto, oppure per qualche motivo è diventato un appestato. E, per la precisione, questa “disgrazia” gli è successa da quando sono uscite le foto che lo ritraggono a Mosca in occasione della visita del 17 e 18 ottobre 2018 del vicepremier Matteo Salvini, data a cui si fa risalire la trattativa per i soldi alla Lega nonché l’audio diffuso dal sito Usa BuzzFeed. Ed era altresì presente alla cena in occasione del recente bilaterale di Roma, anche lì non invitato da colui che la cena l’ha organizzata, ossia il Presidente del Consiglio Conte.
In realtà Savoini non è uno sconosciuto né un personaggio sgradito, di lui ha già raccontato molte cose interessanti L’Espresso, in un articolo di febbraio scorso che riportava le stesse notizie di questi giorni ma curiosamente “sfuggito” a moltissimi altri media italiani e alla politica stessa. E sempre su di lui, chi avesse voluto, avrebbe potuto leggere “Il libro nero della Lega” di Giovanni Tizian e Stefano Vergine, uscito a febbraio scorso, e “I demoni della Lega” di Claudio Gatti, uscito a maggio. I legami del partito di cui è segretario il Ministro dell’Interno con i fascisti e con il governo di Putin sono così ben descritti che la vera domanda è: per qual emotivo lo scandalo non è scoppiato prima? Gianluca Savoini occupa da mesi ampi spazi nelle ricostruzioni di pochi e isolati giornalisti, dunque non è un illustre sconosciuto. Bensì collaboratore di vecchia data di Matteo Salvini, presidente dell’associazione “Lombardia Russia”, insomma uno che tiene i contatti con Mosca e che è espressione della nomenklatura che conta nella Lega. Sarà una coincidenza. I due libri che parlano della irresistibile ascesa della Lega in Italia e delle amicizie coltivate finora ci dicono altro. La Procura di Milano ha indagato Gianluca Savoini nel fascicolo aperto dopo l’inchiesta de L’Espresso e che ora riprende vigore con gli audio di Mosca, nei quali si parla di un contratto per l’acquisto di carburante da una compagnia petrolifera russa; acquirente (nelle frasi registrate) l’italiana Eni per un valore di 1,5 miliardi di dollari ma con lo “sconto” di 65 milioni che sarebbero dovuti andare alla Lega per finanziare la campagna elettorale delle europee di maggio, al fine di avere “una nuova Europa… più vicina alla Russia perché vogliamo riprenderci la nostra sovranità”. Queste le parole del “mediatore” Savoini che era a Mosca quando c’era pure Salvini, pur rimanendo uno sconosciuto, non invitato e che nessuno sa dire come né perché sia andato a Mosca in quei giorni. Al netto di tutte le legittime strategie difensive e in attesa di trovare riscontri investigativi sull’eventuale passaggio di denaro, c’è un’altra verità in questa vicenda: il clima tiepido, anzi freddo, con cui sono state accolte le inchieste giornalistiche di Tizian, Vergine e Gatti. I loro libri se pubblicati in qualunque altro Paese europeo avrebbero avuto spazio nei principali contenitori di informazione e occupato metri di interrogazioni parlamentari. Invece da febbraio ad oggi la tv ci ha bombardato di trasmissioni sul rischio ordine pubblico legato ai Cas e all’arrivo dei migranti e al decreto sicurezza. E a guardar bene anche in questi ultimi giorni è difficile trovare spazio per sentire gli autori dello scoop che sta facendo vacillare il Governo e i bacioni di Salvini.