“Non possiamo dire di essere soddisfatti perché soddisfazione, contentezza, sono aggettivi che trovano poco spazio in questa vicenda. È un passo importante verso la verità. Un riconoscimento al buon lavoro fatto dalla giustizia e dagli investigatori”.
Nelle parole di Rino Rocchelli, che con sua moglie Elisa Signori, la figlia Lucia e Maria Chiara, la compagna di Andrea, il loro ragazzo strappato alla vita 5 anni fa in Ucraina, l’immensa forza, la dignità, di una famiglia che non ha mai smesso di credere nella giustizia e ha continuato a battersi per quella verità che le autorità ucraine volevano negargli.
La Corte di Assise di Pavia ha condannato a 24 anni Vitaly Markiv, 29 anni, militare italo-ucraino della Guardia Nazionale del Paese di origine, unico imputato nel processo per l’omicidio del fotoreporter italiano ucciso a 31 anni insieme al collega russo Andrei Mironov con il quale era impegnato nel testimoniare gli effetti nefasti della guerra civile tra nazionalisti e separatisti filo russi nella regione del Donbass.
Alla lettura del verdetto, oltre ai familiari di Andy e agli avvocati Alessandra Ballerini e Giuliano Pisapia, erano presenti il presidente della Federazione nazionale della stampa Giuseppe Giulietti, Anna Del Freo, segretario generale aggiunto Fnsi e vice presidente Associazione lombarda giornalisti, e il presidente Alg Paolo Perucchini,
Giulietti ha rivolto parole di ringraziamento a chi ha continuato a indagare con grande professionalità e costanza affinché fosse fatta giustizia per Rocchelli e Mironov e a coloro che hanno continuato a reclamare verità per un crimine atroce, contro operatori dell’informazione che null’altra ‘colpa’ avevano se non di voler raccontare quanto stesse avvenendo in Ucraina.
Verità che sembrava allontanarsi quando, a un certo punto, sembrava che la Procura volesse archiviare l’inchiesta, possibilità scongiurata grazie alla caparbietà dei genitori del fotoreporter e al supporto che ad essi hanno garantito Articolo 21 e Federazione nazionale della Stampa insieme al senatore Luigi Manconi, che nella sua veste di presidente della Commissione Esteri nel 2016 incontrò Elisa e Rino raccogliendo il loro appello a non archiviare l’inchiesta. Manconi presentò un’interrogazione rivolta al ministero degli Esteri e della Giustizia per sollecitare un’azione di moral suasion sul governo ucraino affinché collaborasse per fare piena luce sull’omicidio del 31enne di Pavia e del compagno di lavoro e di viaggio.
In tutti questi anni Rino e Elisa Rocchelli, che sin dal primo momento hanno tenuto a sottolineare che né loro né la sorella di Andy, Lucia, né la sua compagna Maria Chiara, mamma di Nico il bimbo che Andrea non ha potuto veder crescere, fossero animati da spirito di vendetta, hanno sempre avuto un solo obiettivo: conoscere la dinamica dei fatti.
Tutti loro hanno deciso di rompere il silenzio che si erano imposti per riservatezza e fiducia nell’operato delle autorità giudiziarie italiane perché volevano che si facesse luce sul caso con serietà e onestà, senza mistificazioni. Che fosse fatta giustizia. Per questo hanno deciso di esporsi in prima persona e di supportare tutte le iniziative mediatiche e di sensibilizzazione sul caso di Andrea con il fine di accelerare l’esito dell’inchiesta. A cominciare dalle incisive pressioni della Federazione nazionale della stampa e di Articolo 21, che li hanno affiancati in questa battaglia, per impedire che le autorità ucraine continuassero a tergiversare e a prendere tempo pur di non dare risposte.
Anche grazie all’impegno del sindacato dei giornalisti e della nostra associazione, che ha riacceso i riflettori sul caso, e all’azione dell’avvocato Alessandra Ballerini, che nel 2017 ha assunto l’incarico di difendere i genitori di Rocchelli, si è arrivati alla svolta che ha portato al nuovo processo e alla condanna di Markiv.
La sentenza di oggi è un primo passo, certo. Ci saranno altri gradi di giudizio. Lo sappiamo. Il dolore resta. Non muterà mai. Ma oggi è una bella giornata. Oggi giustizia è fatta.