Partecipanti, 180. Posizione conseguita, 149esima, subito dopo il venezuelano Maduro e subito prima del bengalese Abdul Hamid. E’ questa la posizione che lei, presidente Vladimir Putin, ha consentito al suo paese di conquistare nella classifica da Reporter Without Borders e relativa alla “Word Press Freedom”. Presidente, si può fare meglio. Ma ha ragione anche lei a dire che si può certamente fare peggio. Alcuni suoi amici ci sono riusciti: per esempio il siriano Assad, che occupa la 174esima posizione. Non è riuscito a far peggio del Sudan di Omar Bashir, giunto 175esimo, ma probabilmente sono le dimensioni dei rispettivi Paesi ad aver determinato il piccolo smacco.
Mentre lei stava per partire per il nostro paese il suo ambasciatore presso la Santa Sede ha detto che lei ama discussioni politico-filosofiche. Lo sappiamo bene, per esempio abbiamo letto pochi giorni fa, nell’intervista che ha rilasciato al Financial Times, che a suo avviso la teoria che il liberalismo – ovvero la dottrina per cui i diritti inviolabili e le libertà dei cittadini sono caratteristiche naturali dell’individuo nella società, e per questo vanno assicurati dalla legge – è diventata obsoleta. “Questa idea è entrata in conflitto con gli interessi della maggioranza della popolazione. Parte dal presupposto che non si possa fare niente. Che i migranti possono uccidere, fare razzie e stuprare senza essere puniti perché i loro diritti come migranti devono essere tutelati”. Accade però che un leader che proprio nei giorni scorsi sarebbe tornato in visita a Mosca, il generale Haftar, ha ritenuto di bombardarli, eliminandone 40 e ferendone 80. Lei parla molto anche di lotta al terrorismo. Che ne pensa? E delle bombe che colpiscono gli ospedali siriani? Qui, su Articolo21, Roger Asfar ha raccontato alcuni particolari di quanto accade a Idlib.
Ma le discussioni che lei ama non riguardano solo la politica, il suo ambasciatore ci dice che riguardano anche la filosofia. Quella che ha trattato in modo esteso e piano un suo concittadino che conoscerebbe bene, Alexander Dugin, in un suo recente soggiorno italiano. A interloquire con lui era stato chiamato l’editore Maurizio Murelli, che fu condannato nei tumultuosi anni ‘70 dopo il famoso giovedì nero di Milano. Murelli ha già discusso un anno fa con Dugin, in occasione di un altro suo soggiorno italiano e ha denunciato che Amazon non consente la vendita delle traduzioni della sua casa editrice dei libri di questo filosofo russo. Durante il suo soggiorno nel nostro Paese Alexander Dugin ha espresso un concetto, riferito dal sito LINKIESTA, non molto dissimile da quel che lei ha affermato nell’intervista al Financial Times: “l’ideologia liberale dominante si fonda sull’assimilazione dell’uomo con il cittadino. È, in altre parole, l’effetto dell’ideologia dei diritti dell’uomo. Secondo questa visione, ogni essere umano gode di particolari diritti universali. Questa posizione ideologica ha come conseguenza che gli Stati siano obbligati a trattare tutti, anche gli stranieri e gli immigrati, come se fossero loro cittadini.” Lei è stato un po’ più duro, però l’idea che tra di voi scorra buon sangue sembra fondata. Dugin è “famoso” per la sua quarta teoria, e ampi stralci sono reperibili anche in italiano. Nella parte dedicata al nazional-bolscevismo si legge: “La definizione più felice e pregnante di nazional-bolscevismo sarà allora la seguente: “Il nazional-bolscevismo è la super-ideologia comune a tutti i nemici della società aperta”. Non solo una fra le ideologie ostili a tale società – ma precisamente la sua antitesi consapevole, totale e naturale. Il nazional-bolscevismo è un tipo di ideologia che poggia sulla completa e radicale negazione dell’individuo e del suo ruolo centrale; e nella quale l’Assoluto – nel cui nome l’individuo è negato – assume il suo senso più ampio e generale. Oseremmo dire che il nazional-bolscevismo giustifica qualsiasi versione dell’Assoluto, qualsiasi rifiuto della “società aperta”. Nel nazional-bolscevismo è insita la tendenza ad universalizzare l’Assoluto ad ogni costo, a promuovere un ‘ideologia ed un programma politico tali da essere l’incarnazione di tutte le forme intellettuali di ostilità alla “società aperta”, ricondotte ad un comune denominatore ed integrate in un blocco concettuale e politico indivisibile.”
Ecco Presidente, nelle discussioni politico-filosofiche che avrà nelle prossime ore a Roma vorremmo tanto che venisse ricordata un’altra cittadina russa, Anna Politkovskaja, che scrisse: “ormai possiamo incontrarci solo in segreto perché sono considerata una nemica impossibile da rieducare. Non sto scherzando. Qualche tempo fa Vladislav Surkov, vicepresidente dell’amministrazione presidenziale, ha spiegato che alcuni nemici si possono far ragionare, altri invece sono incorreggibili: con loro il dialogo è impossibile. La politica, secondo Surkov, deve essere ripulita da questi personaggi. Ed è quello che stanno facendo, non solo con me.” Secondo la nostra rivista “Internazionale” l’idea di Surkov sulla Russia è questa: possiede un “popolo profondo, con una sua mentalità, a cui sondaggi, propaganda, minacce e altri metodi diretti di analisi e d’influenza non riescono ad accedere”.