Questa è una storia di figli e di padri; di padri e di padrini. L’hanno chiamata “Operazione Grimilde”, per sottolineare come non si sia stati capaci di vedere – dopo Aemilia – ciò che era sotto gli occhi di tutti; proprio come la strega di Biancaneve. Ma non è una favola, questa; siamo di fronte alla ‘ndrangheta. Ed è una storia di figli, di padri e di padrini; con quest’ultimo che: “…non disdegnava di interessarsi della politica locale…”.
Perché nell’ordinanza di Grimilde ricorre spesso la parola padre, così come capita spesso di leggere il termine figlio. Il maggior imputato di tutta la vicenda è Francesco Grande Aracri, già condannato con pena definitiva per associazione di stampo mafioso. Francesco è il padre di altre tre persone arrestate: Salvatore, Paolo e Rosita. Un padre e tre figli, accusati a vario titolo di essere i reggenti della cosca, in uno scambio di ruoli determinato da arresti, visite in carcere e sorveglianza speciale. Ma non basta. Da parte del “padre–padrino” Francesco Grande Aracri ci sarebbe l’interesse – secondo un pentito – a determinare l’elezione del sindaco del paese in cui i Grande Aracri vivono: Brescello.
Francesco è il fratello del più noto Nicolino Grande Aracri, detto manuzza. Ritenuto il capo della cosca che prende il nome dalla famiglia originaria di Cutro, provincia di Crotone, ha allacciato profondissimi legami con Brescello, provincia di Reggio Emilia. Tanto profondi, che lo scorso 25 giugno gli arresti dei Grande Aracri sono stati effettuati proprio a Brescello; il paese di Peppone e don Camillo. Ma gli investimenti e gli interessi su Brescello sono tali che il proprio “Peppone” Francesco Grande Aracri se lo vuole scegliere. Un paese davvero importante, Brescello.
Un paese che appena 3 anni fa – nel 2016 – vedeva il consiglio comunale sciolto per accertati condizionamenti da parte della criminalità organizzata; primo caso di un’amministrazione commissariata in Emilia Romagna per fatti di mafia. L’accusa scaturiva dopo che il Prefetto aveva inviato la Commissione d’accesso in municipio, per capire come mai il sindaco del paese avesse definito Francesco Grande Aracri una brava persona: educata.
Il sindaco all’epoca era Marcello Coffrini, figlio di Ermes Coffrini, primo cittadino di Brescello per 19 anni. Padre e figlio che si scambiavano la fascia tricolore e la carica di assessore, in una staffetta che supera ogni immaginazione. Una storia amministrativa tramandata di padre in figlio.
Ma non sono queste due le uniche storie di padri & figli della vicenda oggetto di indagine che – giova ricordarlo – vede alcuni dei soggetti citati come semplici imputati, da considerare (tutti) innocenti fino a eventuale condanna definitiva. Ci sono storie di prestanome, come Matteo Pistis che è “…socio formale…” insieme al padre Roberto Pistis di un’attività di fatto riconducibile a Salvatore Grande Aracri. Oppure gli affari dei signori Luigi Muto (figlio) e Santino Muto (padre) che con i Grande Aracri trafficavano in vini pregiati. E ancora Alfonso Diletto (condannato nel ramo bolognese di Aemilia) che spera di far eleggere la figlia Jessica Diletto in consiglio comunale. Si legge infatti nell’ordinanza di Grimilde: “…la circostanza relativa all’attività elettorale si nutre anche dell’interessamento per la candidatura della figlia di Diletto Alfonso, Jessica…”. Padre e figlio sono anche Davide Gaspari e Manuel Gaspari, con papà Davide che era stato incaricato da Salvatore Grande Aracri di seguire un cantiere in Belgio, a Bruxelles; e per questo si faceva accompagnare dal figlio Manuel. Tra gli indagati di quest’ultima operazione antimafia, ci sono anche nomi “nostrani”: come quello di Gabriele Benassi (il quale viene indicato nell’ordinanza come socio di società riconducibili a Salvatore Grande Aracri), che è figlio di quel Carlo Benassi che nell’agosto 2014 – si legge sempre nell’ordinanza – aveva: “…reso dichiarazioni dirette a ridimensionare quanto invece ricostruito dai giornalisti, ciò in piena sintonia con l’allora Sindaco in carica, Marcello COFFRINI…”. Quel Marcello Coffrini che era in carica dalla primavera 2014 fino alle sue dimissioni del gennaio 2016.
Ed eccoli Ermes Coffrini e Marcello Coffrini: padre e figlio, già sindaci di Brescello. E avvocati. Con il primo che difendeva i Grande Aracri davanti al TAR di Catanzaro, per una questione di espropri di terreni. I Coffrini che all’indomani degli arresti per l’operazione Grimilde sono su il Resto del Carlino, dalle cui pagine Marcello spiega: “…sia io che mio papà non siamo mai stati indagati da nessuno, ma purtroppo veniamo associati a questa famiglia…”. Da parte sua, sugli arresti del 25 giugno 2019, Ermes Coffrini dice: “…lo scioglimento del Comune non ha alcun rilievo rispetto a queste vicende…”.
Sono opinioni e come tali vanno doverosamente rispettate, ma non si può non sottolineare che nell’ordinanza dell’Operazione Grimilde, in riferimento all’interrogatorio di un pentito, si può leggere: “… che GRANDE ARACRI Francesco cl. 1954 non disdegnava di interessarsi della politica locale e che, insieme a DILETTO Alfonso avevano raccolto voti per il Sindaco di Brescello, chiarendo di riferirsi al Sindaco in carica al momento dell’arresto di GIGLIO nel gennaio 2015: ha spiegato di aver appreso questa circostanza parlando con DILETTO stesso, BLASCO Gaetano, BOLOGNINO Michele, ma non ha saputo dire nulla in merito a specifici accordi sull’episodio; ha precisato che BOLOGNINO, a seguito dei servizi in tv e degli articoli di stampa sull’elezione del Sindaco di Brescello tramite l’appoggio della ‘Ndrangheta, gli aveva riferito che il Sindaco era stato effettivamente eletto grazie alla raccolta dei voti di DILETTO Alfonso e della famiglia GRANDE ARACRI residente in Emilia, in particolare di GRANDE ARACRI Francesco…”.
E ancora: “…l’ex sindaco di Brescello Marcello COFFRINI, la cui giunta venne sciolta con provvedimento presidenziale per infiltrazioni mafiose, e ottimo sponsor di Francesco GRANDE ARACRI lo definisce persona “gentile ed educata”, tratto probabilmente corrispondente al vero ma che invera la cifra comportamentale cui volutamente ricorre per dissimulare verso l’esterno la propria appartenenza al contesto criminale…”.
Frasi che vogliono dire tutto e non vogliono dire niente: ma nel …gennaio 2015… il sindaco di Brescello era Marcello Coffrini, figlio di Ermes Coffrini.
Se venissero accertate le parole del pentito Giuseppe Giglio, il quadro potrebbe prendere – almeno moralmente – una piega diversa.
Sia per il padre, che per il figlio.