A settembre l’udienza presso il Tribunale di Roma: il Gip si esprimerà sulla terza richiesta di archiviazione dell’inchiesta sull’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin il 20 marzo 1994 a Mogadiscio. #NoiNonArchiviamo
“Io, la verità, parlo… Mi chiamo per non smettere mai di chiamarvi, voi che siete vittime e imputati allo stesso tempo, voi che in me siete per sempre coinvolti… Vi conosco tutti, uno per uno, conosco i vostri volti, ogni dettaglio lo ricostruisco, ho un’infinita pazienza e il tempo mio si chiama “sempre” ed è adesso che si svolge e vi travolge, con grande indulgenza. Le cose non sono mai quello che sembrano. Ricordate, ricordatemi. Mi chiamo Ilaria Alpi, sono morta il 20 marzo 1994.”
E’ la Verità/Ilaria che parla. Parole potenti che arrivano direttamente al cuore e alla mente (sono parte di un monologo scritto da Aldo Nove e recitato da Carla Chiarelli in occasione del 25° a Roma). Vogliamo che queste parole arrivino a chi nelle prossime settimane dovrà esprimersi sulla terza richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Roma.
#NoiNonArchiviamo perché iI Tribunale di Perugia così motiva la scarcerazione di Hashi Omar Hassan (dopo 17 anni di carcere , innocente) nella sentenza del 17 gennaio 2017: “…deve revocarsi la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Roma ….nei confronti di Hashi Omar Hassan, con conseguente assoluzione del predetto reato ascrittogli per non aver commesso il fatto.”
“…indipendentemente da chi fosse stato l’effettivo ‘suggeritore’ della versione dei fatti da fornire alla polizia …il soggetto Ahmed Alì Rage detto Jelle potrebbe essere stato coinvolto in un’attività di depistaggio di ampia portata… Attività di depistaggio che ben possono essere avvalorate dalle modalità della ‘fuga’ (oltre che dell’arresto di Hashi Omar Hassan ndr) del teste e dalle sue mancate concrete ricerche….”
Nella richiesta di archiviazione si legge: “…che tutti i reati ipotizzabili nella sentenza di Perugia sono ‘estinti’ per prescrizione”. E che il reato di depistaggio, introdotto dalla legge del 2016 n.133 “…non può certo trovare applicazione per fatti antecedenti la sua introduzione.”; …che l’ipotesi che il duplice omicidio sia legato al lavoro svolto da Ilaria Alpi su “…qualcuno dei traffici illeciti fiorenti in quell’epoca in Somalia dilaniata dalla guerra …resta un’ipotesi dato che la perizia balistica, che è l’unico dato oggettivo che avrebbe potuto convalidarla, ha escluso che la Alpi sia stata uccisa da un colpo di pistola sparato da vicino ed esclude quindi si sia trattato di un’esecuzione decisa in precedenza)….”
Ricordiamo che il depistaggio è legato a un reato gravissimo: duplice omicidio premeditato per il quale non esiste prescrizione. Ricordiamo altresì che il depistaggio, trapela nella sentenza di Perugia, potrebbe aver accompagnato l’inchiesta, non aver riguardato solo alcuni episodi relativi alla condanna di Hashi Omar Hassan, e forse ancora in atto.
Abbiamo sentito, nello speciale di “Chi l’ha visto?”, le parole di Armando Rossitto, il medico che eseguì il primo esame esterno sui corpi di Ilaria e Miran subito dopo la loro esecuzione. E’ una testimonianza importantissima perché quel certificato di morte di Ilaria si potrà vedere solo dopo la condanna definitiva di Hashi Omar Hassan e dopo la desecretazione dei documenti avviata dalle Presidenze della Camera e del Consiglio nel 2014. Il certificato di morte stilato il 20 marzo 1994 è inequivocabile. Lì c’è scritto che Ilaria è stata uccisa con un solo colpo in testa (analogamente Miran). Il suo occultamento può essere stato alla base di un’attività di depistaggio partita fin dai primi giorni. Lo dimostrano le molteplice perizie e la riesumazione della salma per ben due volte proprio perché non fu effettuata l’autopsia al rientro da Mogadiscio e il certificato di morte stilato sulla nave Garibaldi era “sparito”: tutto funzionale a chi, utilizzando i vari esiti delle perizie medico/balistiche, continuerà ad accreditare la tesi dell’incidentalità, che persiste nella richiesta di archiviazione. La storia del proiettile vagante che colpisce Miran poi si infrange su una parte della macchina prima che un suo frammento colpisca Ilaria è finita (era stata Ipotizzata da un rapporto dell’intelligence Unosom a firma Fulvio Vezzalini pochi giorni dopo il duplice assassinio, ripresa qua e là in tutti questi anni…anche dalla relazione di maggioranza della commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Ilaria e Miran nel 2004 ).
Nessuno più potrà sostenere queste ipotesi, chi lo facesse è un bugiardo.
A settembre il gip dovrà decidere se archiviare o proseguire le indagini viste le tante domande rimaste aperte. Si sa per certo che l’esecuzione è stata ordinata ed eseguita per il lavoro che stavano facendo Ilaria e Miran. Anche la sentenza della Procura di Roma del 24 novembre 2000 (quella che condanna Hashi all’ergastolo) demolisce tutte le ipotesi che erano state avanzate o costruite per sostenere la casualità del duplice assassinio.
Si legge:
1) si è trattato di un duplice omicidio volontario premeditato, accuratamente organizzato con largo impiego di uomini… ed eseguito con freddezza, ferocia, professionalità omicida;
2) i motivi a delinquere dei mandanti ed esecutori sono stati, come dimostrato, di natura ignobile e criminale, essendo stato il duplice omicidio perpetrato al fine di occultare attività illecite…”
Perché e chi ha voluto fin dall’inizio nascondere che si è trattato di una esecuzione? Chi ha tenuto nascosto il certificato di morte? Chi ha rubato i block notes e alcune cassette videoregistrate?
Chi ha violato i sigilli dei bagagli?
Forse Ilaria era ancora viva se al Porto Vecchio si è tentata la rianimazione come dichiarazioni e fotografie testimoniano. Una pattuglia di militari italiani in forza all’intelligence dell’UNOSOM (al comando di Fulvio Vezzalini) era nella ex ambasciata italiana nelle immediate vicinanze del luogo dell’agguato dove nessuno si reca: si può ancora escludere l’omissione di soccorso? Giorgio Alpi, che era un medico di talento, sosteneva che dalle immagini si vedeva che era ancora viva Ilaria; che non si sarebbe salvata ma che chi aveva il dovere di prestare soccorso non lo poteva sapere!
Perché per Ilaria non sono state rispettate quelle regole d’ingaggio della missione Unosom che prevedevano”…misure di sicurezza per i giornalisti e i fotoreporter garantendo informazioni aggiornate e un adeguato supporto logistico…”? Ne potremmo aggiungere molti altri di punti interrogativi.
Il gip dottor Andrea Fanelli 15 giorni dopo la morte di Luciana respingeva la seconda richiesta di archiviazione condividendone però in gran parte le ragioni. E non sottoponeva nessuno di questi e altri interrogativi alla Procura di Roma. La cosa più importante richiesta dal gip era riferita a una fonte del SISDE di cui è ancora segreta l’identità ma non il contenuto confermato da testimonianze, documenti informative di Intelligence e della Digos. Cosa mai deve succedere ancora dopo Perugia?
Alla fine leggendo richieste di archiviazione e motivazioni per respingerle si potrebbe concludere che l’unico vero depistatore è stato proprio Jelle il teste d’accusa (che ritrattando ha dichiarato di essere stato pagato per dire il falso) di Hashi Omar Hassan: il colmo davvero. Sentiamo che la giustizia è un diritto. Sentiamo però che la giustizia è stata offesa ancora. Quella giustizia che “ … è amministrata in nome del popolo” come recita l’art.101 della Costituzione della Repubblica Italiana. Per arrivare a giustizia seguire la pista dei depistaggi ci pare ’indicazione necessaria. Ci sorge un interrogativo che sentiamo il dovere di formulare ma a cui non possiamo né vogliamo rispondere noi. Forse è necessario che non sia più la Procura di Roma a occuparsi di questa tragedia, dopo venticinque anni?
E’ già passato un anno dal 12 giugno 2018. Quel giorno Luciana Alpi è morta senza avere giustizia: ha raggiunto Giorgio che ci aveva lasciato una domenica assolata del luglio 2010.
Non potranno Luciana e Giorgio avere pace se non avranno finalmente verità e giustizia: allora potranno ritrovare anche Ilaria.
“…In questo triste anniversario rivolgo un pensiero di solidarietà alle famiglie dei due giornalisti, insigniti della Medaglia d’oro al Merito Civile della Repubblica italiana. L’impegno dei familiari contro le reticenze e i depistaggi, dopo l’immenso dolore subito, ha meritato e merita grande rispetto e rappresenta un dovere della Repubblica. Nel loro lavoro d’inchiesta Ilaria Alpi e Miran Hrovatin avevano trovato notizie di traffici illeciti, avevano raccolto testimonianze, stavano compiendo verifiche e riscontri che interpellavano anche il nostro Paese.
L’agguato, eseguito da un commando ancora ignoto nella matrice e nella composizione, ha spezzato due vite e trafitto la libertà di tutti….” (dalla lettera che il Presidente della Repubblica ha inviato mentre si svolgeva con solennità alla Camera dei Deputati il ricordo di Ilaria e Miran a 25 anni dalla loro esecuzione: il 20 marzo 2019).
… questo tempo si chiama “sempre” ed è adesso che si svolge e vi travolge… Io, la verità, parlo. Mi chiamo Ilaria Alpi, sono morta il 20 marzo 1994.”
#NoiNonArchiviamo