di Eleonora Camilli
ROMA – Un “meccanismo di solidarietà” che preveda la redistribuzione in tempi brevi dei migranti che arrivano in Europa via mare. E’ questo l’accordo raggiunto ieri a Parigi nel vertice voluto da Francia e Germania, ma disertato dal nostro paese. 14 Stati dell’Unione si sono impegnati per rendere effettivi i ricollocamenti dei migranti, cercando così di superare lo stallo venutosi a creare nell’ultimo anno nei casi di salvataggio in mare. Un accordo che resta, però, su base volontaria ma che potrebbe segnare comunque un primo passo in avanti per superare il tanto criticato Regolamento di Dublino. E che rappresenta una prima risposta effettiva alla politica della chiusura delle frontiere del governo italiano.
Un rimedio alla mancata riforma
Secondo Chiara Favilli, docente di diritto dell’Unione europea all’Università di Firenze, “quello che sta accadendo in questi giorni dimostra le profonde divisioni e gli errori del passato”. Ed è da qui che bisogna ripartire, in particolare “da quell’errore clamoroso che è stata la mancata riforma del Regolamento Dublino, nonostante il grande lavoro positivo fatto dal Parlamento europeo. Per questo le conclusioni di ieri a Parigi sono a parer mio un passo in avanti – sottolinea -. Perché sebbene non si preveda ancora un meccanismo obbligatorio, si sigla un patto tra 14 governi per la redistribuzione di coloro che vengono salvati in mare. E questo andava fatto da subito: era un punto su cui il Consiglio poteva trovare un accordo col Parlamento nella discussione della riforma del Regolamento Dublino, cioè prevedere il superamento di Dublino per coloro che arrivano in seguito a un’operazione di ricerca e soccorso in mare”. Una deroga, dunque, alla regola del “primo paese di approdo” che sempre ha fatto discutere: e cioè a quella previsione legislativa, contenuta nel Regolamento, che obbliga le persone a fare richiesta di protezione internazionale nel primo paese europeo di arrivo (nella stragrande maggioranza dei casi Italia e Grecia). Favilli ricorda che questa ipotesi era già stata accennata nel Consiglio europeo del 28 giugno 2018, il primo a cui partecipò il presidente del Consiglio Giuseppe Conte: “in quell’occasione si affermò per la prima volta che il Consiglio europeo, in relazione alla riforma del Regolamento Dublino, avrebbe dovuto tenendo conto di coloro che entrano in seguito a un’operazione di ricerca e soccorso in mare. Dunque, quello che non si è voluto fare nei modi previsti dall’iter della riforma, si sta realizzando oggi attraverso questo accordo tra paesi”. Chi entra, secondo quanto previsto, dovrebbe essere subito ricollocato in uno dei 14 paesi firmatari. Di conseguenza, la sua domanda di protezione internazionale verrà presa in carico dal paese di destinazione. “E’ quindi un accordo positivo per tanti aspetti, anche perché non lascia più alibi alle polemiche sull’Italia lasciata sola dai paesi europei, che in questo caso si farebbero carico dell’accoglienza – aggiunge – L’aspetto negativo è come ci si arriva, con un metodo intergovernativo, mentre c’era una procedura europea che si poteva seguire”.
Un impegno per la Libia
Anche l’Unhcr e l’Oim hanno salutato con favore le conclusioni emerse dal vertice di Parigi. Non solo per l’impegno sul meccanismo di redistribuzione ma anche per quanto riguarda la situazione in Libia, con la richiesta di evacuazioni umanitarie e la chiusura dei centri di detenzione. Inoltre nel vertice è stata avanzata l’ipotesi di un’operazione di ricerca e soccorso europea. “È necessario avviare un processo di rilascio ordinato delle persone trattenute nei Centri di detenzione, sia verso le aree urbane sia verso Centri di accoglienza aperti che assicurino una ragionevole libertà di movimento, riparo, assistenza e protezione della propria incolumità, oltre a un monitoraggio indipendente e all’accesso regolare e incondizionato delle agenzie umanitarie. Alla luce dei rischi di abusi, maltrattamenti o morte, nessuno dovrebbe essere ricondotto nei Centri di detenzione in Libia dopo essere stato intercettato o soccorso in mare – sottolineano Filippo Grandi Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, e António Vitorino, Direttore Generale dell’Oim, in una dichiarazione congiunta -. L’impegno rinnovato ieri dagli Stati a prevenire la perdita di vite umane nel Mar Mediterraneo è, inoltre, incoraggiante. Lo status quo, che vede le operazioni di ricerca e soccorso spesso lasciate all’intervento di imbarcazioni commerciali o di ong, non può continuare – aggiungono. È necessario lanciare un’operazione di ricerca e soccorso guidata dagli Stati dell’Unione Europea simile a quelle realizzate negli ultimi anni. È necessario riconoscere il ruolo fondamentale svolto dalle ong: esse non devono essere criminalizzate né stigmatizzate per il soccorso di vite umane in mare. Alle imbarcazioni commerciali, sulle quali si fa sempre più affidamento per condurre operazioni di soccorso, non deve essere chiesto né di trasbordare sulle navi della Guardia Costiera libica le persone soccorse, né di farle sbarcare in Libia, dato che non costituisce un porto sicuro”. Per Unhcr e Oim sono inoltre stati promettenti i colloqui sull’opportunità di istituire un meccanismo di sbarco temporaneo e coordinato per le persone soccorse in mare e di condividere le responsabilità fra Stati in previsione della successiva fase di accoglienza. “Chiediamo che tali colloqui continuino, poiché un approccio congiunto a questa situazione è nell’interesse di tutti”.
L’asse Malta-Italia per bloccare gli arrivi
Sul fronte opposto della discussione si pone, invece, il nostro paese, che ha volutamente disertato il vertice. Come sottolinea il ministro dell’Interno Matteo Salvini nella lettera inviata all’omologo francese Cristophe Castaner, per l’Italia prevale quanto emerso nel vertice di Helsinki, tenutosi qualche giorno prima. In particolare, il documento preparato in accordo con Malta per “rivedere le regole del search and rescue” e di fatto superare il vincolo del porto sicuro più vicino. “La riunione sui migranti organizzata a Parigi è stata un errore di forma e di sostanza – sottolinea Salvini -. Nella forma, perché convocata con poco preavviso e in modo assolutamente irrituale visto che siamo nel semestre di presidenza finlandese. Nella sostanza, perché ha ribadito che l’Italia dovrebbe continuare a essere il campo profughi dell’Europa. Avevo già detto no al mio omologo Castaner settimana scorsa a Helsinki. Lo ripeto oggi, dopo che il vertice di Parigi voluto da francesi e tedeschi si è rivelato un flop ed è stato ampiamente disertato dai ministri europei. L’Italia ha rialzato la testa, non prende ordini e non fa la dama di compagnia: se Macron vuole discutere di immigrati venga pure a Roma”. Per Favilli questo atteggiamento denota una grande miopia dell’Italia e di Malta, che nei fatti sarebbero sollevate dall’onere dell’accoglienza proprio dal patto raggiunto a Parigi: “oltretutto il documento italo maltese ha diverse lacune in termini di diritto, non è chiaro il principio dell’Hotspot esterno. E le previsione riguardano ipotesi di lungo periodo, mai risolutive – conlclude -. Nell’immediato, invece, le persone continuano ad arrivare, come accade da vent’anni. Ed è inutile continuare con controlli navali e chiusura dei porti. E’ anche nell’interesse dell’Italia favorire questo accordo. Un accordo che contiene delle criticità, perché non tiene conto, per esempio, dei legami familiari dei migranti e delle loro esigenze. Ma che è comunque un primo passo, per il superamento di Dublino, molto vicino a quanto previsto dalla proposta di riforma”.