La verginità. Un valore, una costrizione o una merce di scambio? In Africa l’importanza che si dà alla verginità femminile è legata ad una serie di fattori socio-culturali in cui la religione (non quelle tradizionali) gioca un ruolo fondamentale.
E alla verginità sono legati usi e abusi come le tecniche per “riparare” l’imene, i test di illibatezza sulle donne e addirittura competizioni come il “Trophée des vierges“. Un’antropologa italiana, Francesca Mininel, ha condotto, per un periodo di tre anni, una ricerca in Togo, ricerca comparata con altre realtà africane e con i modelli imposti provenienti dagli Stati Uniti. Lo ha fatto per conto dell’Istituto di ricerca per lo sviluppo (IRD) dell’Università Aix-Marsiglia e del Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica (CNRS). Voci Globali l’ha intervistata.
Come e perché nasce una ricerca sulla verginità nei Paesi africani?
In modo curioso. Un giorno, nel 2009, viaggiando in taxi-moto da un villaggio all’altro della Région des Plateaux, in Togo, mi trovai di fronte ad un enorme cartello di promozione della verginità femminile che portava il logo dell’USAID e dell’ONG statunitense Population Service International (PSI). Si trattava della campagna Une vraie femme sait attendre [Una vera donna sa aspettare], condotta dalla suddetta organizzazione in 15 Paesi africani. Cominciai allora ad interessarmi sia all’influenza delle politiche internazionali – statunitensi in particolare – sui programmi di salute sessuale adottati nel continente africano sia alla riappropriazione locale in chiave identitaria dei messaggi veicolati dagli organismi di cooperazione internazionale… Continua su vociglobali