Estate, tempo di addii, speranze, meraviglia. Ed è a tutto questo che sono dedicate le nostre riflessioni: alla passione e alla straordinaria bellezza racchiusa in un periodo dell’anno che è senz’altro fra i più belli, suggestivo come nessun altro e ricco di passioni travolgenti. E allora non possono mancare all’appello figure come quella della poetessa Maria Luisa Spaziani, la “Volpe” di Montale, scomparsa esattamente cinque anni fa all’età di novantuno anni, al termine di un’esistenza internamente dedicata alla poesia, alla cultura e all’insegnamento, condita da versi memorabili e avventure d’ogni sorta. Ricordo che ebbi l’onore di intervistarla nell’autunno del 2006, a casa sua, in un’abitazione invasa dai libri e dal fumo, semplice, sobria, potente ed efficace proprio come le sue opere, di cui l’ultima, “Pallottoliere celeste”, uscita postuma qualche giorno fa, costituisce l’apice. Mi lega a Maria Luisa, alla sua poetica e alla sua splendida persona un affetto sincero, una stima che andava al di là del confronto fra una maestra e un possibile allievo, un’amicizia che è stata, per qualche tempo, veramente bella, culminata, per l’appunto, nel confronto di quel pomeriggio romano in cui mi condusse attraverso i sentieri del Novecento, facendomi vivere con straordinaria intensità sensazioni irripetibili e meravigliose. Non c’è più e avverto un senso di vuoto, di sconfitta, anche se la sua opera è immortale e continua ad arricchire e rendere migliori le mie giornate.
E che dire di “Mister Volare”, al secolo Domenico Modugno, scomparso venticinque anni fa, all’età di sessantasei anni, dopo essere diventato l’icona dell’Italia del boom e del benessere? Che dire della sua canzone più famosa, un inno profondo alla leggerezza, alla serenità e alla voglia di vivere che dilagava in quegli anni in cui tutto sembrava possibile? Che dire del suo aver segnato un’epoca, modificato per sempre gli schemi interpretativi, rivoluzionato i canoni e i paradigmi della canzone italiana e del modo stesso di intenderla? Di Modugno conserviamo soprattutto la fragilità, la malinconia, il male di vivere che lo ha sempre accompagnato, come capita spesso ai sognatori visionari, ai poeti, talvolta persino ai comici; insomma, a tutti coloro che scavano a fondo nelle pieghe dell’animo umano e ne colgono l’essenza, e per questo non possono essere ridanciani, se non nel momento dell’interpretazione, prima che la loro arte si cristallizza e cominci ad appartenere al prossimo per sempre.
Modugno era fatto così e le sue canzoni sono destinate, quasi tutte, all’immortalità, a dimostrazione che c’è stato un prima e un dopo e che dal 1958 nulla è stato più paragonabile al passato, mandando definitivamente in soffitta le melodie, lo stile e il carattere a metà fra retorica, propaganda e sentimenti patriottici che aveva caratterizzato, fino a quel momento, la kermesse sanremese. Diciamo, senza timore di essere smentiti, che l’Italia ha sconfitto il fascismo in due tempi: una prima volta a piazzale Loreto, subito dopo il 25 aprile, e una seconda quando ha iniziato a volare e a sentirsi veramente libera.
Impossibile, poi, non pensare al partigiano Nuto Revelli, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita: uno dei più grandi intellettuali italiani, animatore di quella magnifica fucina culturale che fu la casa editrice Einaudi nell’immediato dopoguerra, la stessa di Francesco Jovine, Cesare Pavese, Raf Vallone e molti altri ancora. Ci manca il suo genio critico, la sua forza interiore, la sua purezza d’animo, il suo spirito resistenziale indomito e la sua voglia di continuare a lottare sempre e comunque. E siamo ben coscienti del fatto che, purtroppo, di intellettuali di quel livello, con quello spirito progressista e quella passione civile, in seguito, ne sono nati sempre meno.
Concludiamo, infine, con due omaggi: al grande Pierfrancesco Favino, che il prossimo 24 agosto compirà cinquant’anni, ormai giunto al culmine di una carriera eccezionale, e alla casa editrice Sellerio, quella del maestro Camilleri per intenderci, scrigno di capolavori senza tempo nonché gelosa custode di una sicilianità autentica e impagabile che ci tiene compagnia ormai da mezzo secolo, grazie alle intuizioni di Elvira Sellerio e alla maestria dei suoi incredibili autori.
Al termine di questo articolo, non possiamo che inviare un immenso abbraccio alla famiglia di Ugo Gregoretti, scomparso oggi all’età di ottantotto anni. È stato la televisione, il documentario, il cinema, la cultura e la saggezza popolare, un po’ Pasolini e un po’ Godard, un faro e un esempio per tutti noi. Un vuoto incolmabile.
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