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Autonomia differenziata. Il pericolo della secessione di Lombardia e Veneto resta, nonostante lo scontro tra Lega e 5Stelle

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Servirebbe uno scatto della sinistra, ma non c’è

Di Pino Salerno

Il governo è costretto a rinviare per l’ennesima volta la chiusura dell’accordo sul dossier Autonomia. Nella sala Verde di palazzo Chigi ci sono Giuseppe Conte, i due vicepremier e i ministri competenti. Si tratta. Il tavolo, data anche l’assenza del ministro dell’Economia Giovanni Tria, impegnato a Bruxelles per l’Eurogruppo, più che sulle risorse si concentra sulle competenze: dalla scuola alla sanità, dall’ambiente ai beni culturali, alle infrastrutture. Il premier gestisce e governa il confronto tra Lega e M5S. Obiettivi e interessi da tutelare sono e restano diversi.

La ministra Erika Stefani si fa portatrice delle istanze delle due Regioni, Lombardia e Veneto, facendo – di fatto – sedere al tavolo un terzo interlocutore. Il clima, viene definito “costruttivo”. “Si va avanti veloce”, viene spiegato, ma il traguardo resta un miraggio. Un nuovo vertice è già in calendario per giovedì mattina alle 8.30. Tre ore dopo, alle 11.30, è convocato – ottimisticamente – il Consiglio dei ministri. In realtà entrambi i due partner di governo sono fiduciosi. “C’è stato un passo avanti interessante”, commenta Matteo Salvini. Luigi Di Maio concorda, ma tiene a precisare come ci sia “ancora molto da fare”. E’ Erika Stefani a derubricare successi e nodi ancora da sciogliere: “Bene” su sanità e ambiente, “qualcosa da rivedere”, specie per quel che riguarda i pentastellati ancora su istruzione e infrastrutture. Fonti M5S, comunque, fanno trapelare ottimismo e fiducia sull’ipotesi di trovare la quadra a partire da una proposta “più equilibrata” e “livellata” in base a quelli che Di Maio e compagni definiscono “due principi cardine”. Il primo è l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni, ovvero i LEP: “livelli di servizi – viene sottolineato – che devono essere garantiti ad ogni italiano indipendentemente da dove vive”. Il secondo riguarda il Fondo di Perequazione: “una volta trasferita una quota di gettito alla Regione, se la situazione economica dello Stato dovesse cambiare è necessario che parte del maggiore gettito venga indirizzata alle altre Regioni – proprio per garantire medesimi servizi ad ogni italiano”. Nodi da sciogliere rimangono soprattutto sul fronte istruzione. Tema caldo è quello degli organici, con il M5S che non intende accettare l’assunzione diretta degli insegnanti ai concorsi regionali. Una scelta del genere, sono convinti i pentastellati, rischierebbe di creare scuole di serie A e scuole di serie B, oltre ad avere seri rischi di incostituzionalità. Il confronto, comunque, riprenderà giovedì mattina alle 8.30. “Andiamo avanti a oltranza finché non si chiude la questione. Non lascio il tavolo fino a che non si chiude l’ultimo articolo”, assicura Stefani, ma i tempi – in realtà – restano lunghi. Dopo l’eventuale ok in Cdm il testo passerebbe all’esame della conferenza delle Regioni e, in terza battuta, del Parlamento. Ormai anche i ministri leghisti riconoscono la “centralità” del confronto in Aula. Anche se Stefani avverte: “No a dilazioni eccessive che rendono tutto farraginoso”.

La posizione dei 5Stelle nuovamente ribadita dalla ministra per il Sud Lezzi. E pare inconciliabile con quella della Lega

La “linea rossa” del Movimento 5 stelle sulle autonomie riguarda “il Fondo di perequazione e i Livelli essenziali delle prestazioni” ha affermato il ministro per il Sud Barbara Lezzi intervenendo martedì mattina alla trasmissione radiofonica Radio anch’io, su radio Rai 1. “Nel nostro Paese esistono dei divari inaccettabili che si sono accumulati nel corso degli ultimi decenni – ha aggiunto -. Con le autonomie, così come erano state richieste, si sarebbero cristallizzati e accentuati”. “Durante la riunione della scorsa settimana si era concertato sul Fondo di perequazione, il quale deve essere alimentato anche da un eventuale surplus, che deve essere stabilito, delle Regioni che chiedono l’Autonomia – ha spiegato il ministro -. Nella riunione di ieri ci saremmo aspettati un testo scritto, che avesse recepito chiaramente tutto quello che era stato detto durante la scorsa settimana. Questo testo non c’era, per cui abbiamo accantonato il tema risorse perché deve essere di nuovo rivisto, alla luce di quello che tutti noi, molto serenamente, abbiamo stabilito durante la precedente riunione”. “Per la parte che riguarda i fabbisogni standard, che poi sono la porta per i livelli essenziali di prestazione, ci eravamo dati tre anni di tempo. Ovvero – ha proseguito Lezzi – introdurre cioè l’Autonomia con i costi storici e poi passare ai fabbisogni standard. Per questo abbiamo consultato tra gli altri anche la Sose, la Commissione tecnica fabbisogni standard, che durante la scorsa legislatura non ha prodotto nulla, anzi ha accentuato il divario nei comuni tra Nord e Sud, e questa è una gravissima colpa della scorsa legislatura”. “Detto questo, allo scadere dei 3 anni qualora non fossero stati perseguiti questi fabbisogni standard, non potremmo neanche lasciare il costo storico così come si è iniziato, perché altrimenti non faremmo altro che congelare il divario. E’ importante creare una sorta di sistema comune perché nel momento in cui si concede l’Autonomia a tre Regioni, e ci sono delle altre che possono decidere di chiederla, non possiamo far finta di niente e rischiare di creare una disunità nel Paese”.

Ma il governatore veneto Zaia non molla: “non firmerò intese al ribasso”

Avocando a sè il dossier Autonomia, il premier Giuseppe Conte “ha fatto un passo da gigante” ma ora il governatore del Veneto Luca Zaia vuole “valutare la bozza che produrrà il governo” e avverte: “Di certo non firmerò mai un accordo al ribasso che farebbe portare a casa una finta Autonomia”. In un’intervista a La Stampa, l’esponente leghista spiega: “Vediamo cosa alla fine ci proporranno e ci confronteremo. Mi auguro che la proposta non prenda una piega imbarazzante. I cittadini guardano e giudicano”. Zaia osserva che “ci sono ancora punti in sospeso sulle sovraintendenze, le concessioni autostradali e aeroportuali, le valutazioni di impatto ambientale, la scuola. Staremo a vedere quale sarà il punto di caduta ma ripeto: non accetterò accordi al ribasso”. E quindi fa un appello al Movimento Cinque Stelle: “Approfittate, anzi approfittiamo dell’opportunità che la storia ci sta servendo su un piatto d’argento”.

E dall’Emilia, il presidente Bonaccini continua a difendere la sua linea sull’autonomia

“A me pare che siamo di fronte a uno stallo un po’ incomprensibile. Io non posso avere due partiti come interlocutori. E’ un anno che ci dicono che la settimana successiva sarà quella buona. Ora, se prendessero la proposta dell’Emilia Romagna troverebbero la proposta più equilibrata. Noi non vogliamo un euro in più di quello che lo Stato spende per gestire le competenze che abbiamo richiesto. Siamo presuntuosi? Sì. Noi crediamo che gli stessi soldi che spende Roma per alcune competenze noi li spenderemmo meglio. D’altra parte basta guardare come funzionano i servizi, come funzionano alcune competenze che oggi gestiam”, ha detto Stefano Bonaccini, presidente della regione Emilia Romagna, confermando la posizione da tempo espressa, a Rai Radio1. Dunque, se nel governo c’è caos e dissenso su un’autonomia differenziata che continua ad essere una secessione, anche nelle posizioni dei presidenti delle tre Regioni richiedenti traspare una divisione netta. Tuttavia, è evidente che la scuola, con la regionalizzazione pericolosissima dei docenti e dei maestri, con la possibilità di incidere sui percorsi didattici degli alunni e degli studenti, con la “rivoluzione culturale dei manuali” di cui ha parlato a sproposito il ministro Bussetti, resta il campo da gioco più importante. Ed è su quel campo che sta giocando la vera partita tra Lega e 5Stelle. Nel silenzio del Pd e delle opposizioni, purtroppo.

Da jobsnews

 

 

 


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