Il 1 giugno è andato in pensione il Procuratore capo di Perugia Luigi De Ficchy. La Procura guidata da De Ficchy in questi ultimi mesi è andata alla ribalta per due indagini importanti: la prima ha decapitato la Giunta regionale dell’Umbria per uno scandalo sui concorsi nella sanità e la seconda che vede indagato il magistrato romano Luca Palamara ex consigliere al Csm. La seconda inchiesta ha svelato progetti “oscuri” per pilotare la nomina del nuovo procuratore capo di Roma. C’è poi l’inchiesta per il presunto rapimento di Alma Shalabayeva e la sua successiva espulsione. In questa inchiesta il gip di Perugia ha rinviato a giudizio due alti dirigenti della polizia di Stato tra i quali l’attuale questore di Palermo Renato Cortese. L’impegno di Luigi De Ficchy nella magistratura ha però radici lontane, in un tempo in cui la procura di Roma era il “porto delle nebbie”. L’esperienza di questo pm schivo e silenzioso si sviluppa intorno al primo pool antimafia della capitale (all’epoca denominato pool stupefacenti) con magistrati come Leonardo Agueci e Silverio Piro. All’epoca la parola mafia era “proibita” a Roma.Eppure la banda della magliana e le altre mafie combattevano spesso guerre “a bassa intensità” con morti ammazzati, bombe e ferimenti: sparatorie “lupare bianche” tra Primavalle, Ostia, Monteverde e Acilia. La chiave di volta che permise a Luigi De Ficchy ed ai suoi colleghi di istruire il primo processo sulla banda della Magliana fu la collaborazione di Fulvio Lucioli spacciatore di Vitinia località a cavallo tra Roma ed Ostia. Il testo della requisitoria del primo processo sulla banda della Magliana risale al 1984 ed uno spaccato sui sistemi criminali romani:” il presente provvedimento rappresenta l’esito di un’approfondita attività investigativa che ha permesso di ricostruire l’azione dei vertici della criminalità romana dal 1974 ai nostri giorni. E’ rimasto accertato che la maggior parte dei reati più rilevanti commessi nel territorio romano sono stati opera di una unica associazione criminosa, pure variamente conformata, che, prima e meglio di altre, ha saputo capire l’importanza dell’affare “droga” e si è organizzata al fine del capillare controllo dell’introduzione e distribuzione sul mercato romano di eroina, cocaina e droghe leggere. La costruzione di tale mosaico è stata una attenta opera prima investigativa, poi istruttoria volta a dare significato ad arresti, fermi, controlli, provvedimenti coercitivi e comunque procedimenti che presi singolarmente non avrebbero ricevuto dal disegno complessivo in cui bisognava inserirli quella luce che ha consentito di dare loro pieno significato ed importanza. […] Con le dichiarazioni di Lucioli (primo collaboratore di giustizia della banda della Magliana) si viene finalmente a comprendere il cambiamento della criminalità romana di cui la banda della Magliana è asse preminente, subisce con l’ingresso dell’affare “droga” nella considerazione delle attività illecite e della penetrazione che la mafia, la camorra e la ’ndrangheta hanno operato nel territorio romano”.Le conclusione della requisitoria rappresentano un monito, per tutte le istituzioni, che però cadrà nel vuoto:”Dal panorama testè descritto si delinea la necessità che gli organi statuali e professionali di controllo rilevino che certi comportamenti tipici della mafia, della camorra e della ‘ndrangheta fanno ormai parte delle regole consuete della criminalità romana” . Anno domini 1984. Negli anni il lavoro del pool stupefacenti prosegue tra vittorie e pesanti sconfitte. La banda della Magliana non è un’associazione criminale ma chissà cosa per la corte di cassazione presieduta dal giudice Corrado Carnevale. Le inchieste di De Ficchy spesso si scontrano con un muro di granito,l’allora Tribunale della Libertà. E’ il caso del mandato di cattura del marzo del 1987 contro Maurizio Abbatino che vedeva tra i destinatari del provvedimento anche Massimo Carminati. L’accusa associazione a delinquere di stampo mafioso. Il mandato fu annullato dal Tribunale della libertà presieduto da Vittorio Pelaggi. Negli anni 90 Luigi De Ficchy ha fatto parte della Direzione Nazionale Antimafia seguendo con attenzione le dinamiche delle mafie nel Lazio ed in altre regioni del centro sud. Non mancando mai di denunciare, quando eravamo assai pochi a parlare di mafie a Roma e nel Lazio, di denunciare la presenza dei sistemi mafiosi. Nel 2007 De Ficchy era procuratore capo di Tivoli, in tale veste denunciò innanzi alla commissione speciale per la lotta alla criminalità del consiglio regionale del Lazio la diffusione del fenomeno dell’abusivismo nel territorio di competenza della procura. Raccontano Paolo Fallai ed Alessandro Fulloni sul Corriere della Sera del 3 aprile del 2007 dell’audizione di del magistrato :” Il territorio è gestito il modo criminale”, che “l’abusivismo è devastante” con una media di 700 reati all’anno, cioè due al giorno. Da qualche giorno questo schivo e silenzioso magistrato è in pensione, a lui va la nostra gratitudine per un serio impegno, durato decenni, contro le mafie ed i sistemi criminali.