Sulle convergenze tra mafia e politica

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Scriveva Pio La Torre: “La mafia (n.d.r. oggi avrebbe scritto le mafie) è un fenomeno afferente la classe dirigente (tutta, cioè politica, economica, istituzionale, sociale)”. È attraverso questa chiave di lettura, ancora oggi attualissima, che si deve affrontare questo tema di rilevanza fondamentale per la vita democratica del nostro Paese. Laddove si vogliano ottenere risultati concreti al fine di eliminare, o almeno ridurre, i rapporti fra organizzazioni a carattere mafioso e politica, occorre inquadrare la problematica nel contesto dei grandi cambiamenti che stanno interessando tanto l’ambito locale quanto quello nazionale ed internazionale (i cui principali vettori, in estrema sintesi, sono rappresentati dalla globalizzazione, dalla finanziarizzazione e dalla interazione innovazione/ digitalizzazione) e che stanno trasformando anche l’operatività e le dinamiche della criminalità organizzata e delle mafie, dando luogo a processi degenerativi di nuovo tipo ancora solo parzialmente esplorati.

Questi vettori di cambiamento, nel nostro Paese hanno interagito con un altro grande fattore di trasformazione peculiare alle mafie tradizionali, consistente nella progressiva espansione territoriale delle stesse. Questo processo espansivo si è incrociato, dunque, con la sofisticazione dei mercati offshore, con i nuovi ambiti del riciclaggio, con le sinergie negative innescate dalle attività criminali transnazionali sistemiche. In questo contesto, si starebbero determinando significativi cambiamenti nelle modalità di interazione fra organizzazioni criminali a carattere mafioso e Politica, Istituzioni, Pubblica Amministrazione e tessuto produttivo. È importante far rilevare come i nuovi tipi di sinergie che si si stanno creando, trovano nella corruzione l’humus ottimale in grado di mediare e contemperare i desiderata dei diversi portatori di interessi, mentre l’enorme incremento del volume degli affari e del profitto rende più facile la convergenza delle diverse istanze illecite.

Sono, infatti, fortemente aumentate le commistioni fra strutture criminali organizzate, strutture paralegali, lobbies di potere trasversale per la spartizione delle diverse utilità e dei vantaggi ricavabili dalle svariate forme di corruzione (appalti, nomine, concorsi, aggiustamenti di sentenze, “pilotaggio” di processi, clientelismo in genere, etc); il controllo dei “pacchetti di voto” viene sempre più utilizzato per ottenere il maggior peso relativo in termini di capacità di condizionamento delle decisioni delle amministrazioni. A sostegno di ciò riportiamo l’affermazione della DIA riportata nell’ ultima relazione: “[…] le mafie diventano soprattutto liquide e non possono che essere descritte in maniera unitaria per interpretarne i comportamenti […]” (Relazione DIA primo semestre 2018, pagina 9). Trattare questi temi considerando come compartimenti stagni la Mafia, la politica, la corruzione, la criminalità transnazionale, l’evoluzione delle tecniche adottate da tali organizzazioni, sarebbe la premessa per ulteriori sconfitte delle nostre istituzioni e di tutta la nostra società. Con riferimento specifico al rapporto mafia politica, uno dei campi in cui si può operare più tempestivamente è quello dell’aggiornamento dell’impianto che sottende alla impostazione ed al funzionamento dei sistemi di controllo.

Si propone dunque in generale di avviare una continua collaborazione tra associazioni territoriali antimafia e la Commissione Antimafia regionale che potrebbe: Diventare antenna per le prime anche per i contenuti sviluppati da altre commissioni; Creare un Osservatorio per tutelare l’economia sana della Sicilia aperto alle associazioni di categoria e ai centri studi sulla criminalità organizzata e per verificare l’applicazione del Codice etico (da approvare rapidamente) nel quale sarebbe opportuno introdurre anche l’obbligo dell’astensione dall’attività legislativa dell’eletto sottoposto a procedimenti penali per evitare eventuali conflitti d’interessi; Sostenere un ruolo propulsivo nell’organizzazione di corsi, seminari e attività di sensibilizzazione e formazione etica Sui processi anticorruzione con particolare riferimento al rapporto Mafia-Corruzione, due aspetti distinti ma in stretta relazione simbiotica, è necessario: superare una progressiva tendenza alla burocratizzazione dei piani anticorruzione che non consente una documentata relazione del contesto esterno; intervenire con maggiore conoscenza del territorio e del tessuto economico e sociale; indagare con maggiore dettaglio informativo i rapporti con l’economia legale e quindi le situazioni di opacità tentando di individuare i nodi di connessione delle reti mafiose, condizionando la capacità evolutiva delle mafie; individuare i gangli vitali del circuito collusivo/corruttivo; per il contesto esterno occorre valorizzare i responsabili anticorruzione appositamente preparati con attenzione focalizzata sui settori e sulle attività a maggior rischio; valorizzare dei segnalatori di abusi (whistleblowers); ruotare gli incarichi; tenere conto delle metodiche recenti sviluppate da ANAC in relazione ai costi di opere, beni e forniture; tenere conto delle criticità rilevate da ANAC in relazione ai Piani triennali di prevenzione della corruzione, in particolare rispetto all’analisi del contesto, all’analisi dei rischi, alla sagomazione dei piani in sintonia con le caratteristiche specifiche degli uffici coinvolti nell’attività di prevenzione; tenere conto dell’intreccio tra prevenzione della corruzione, valutazione indipendente della performance.

L’Istat sul voto di scambio in Sicilia riferisce che un 9% della popolazione ne è stata interessata, mentre in Italia la media è del 3,7%. Sempre in Sicilia, il 16,4% dichiara di conoscere qualcuno a cui è stato proposto il voto di scambio. I reati di corruzione in Sicilia sono il 51,5%, in Italia il 58,5%; i reati di peculato in Sicilia sono il 60,5%, in Italia il 48,6%. Nel territorio della sola Unione Europea è stata accertata da Europol la presenza di circa 5.000 organizzazioni criminali, alcune delle quali di tipo mafioso. E nell’Unione Europea, secondo una stima della Commissione Europea, le organizzazioni criminali mietono ricavi per circa 110 miliardi all’anno, risorse tolte all’economia lecita, ai bilanci pubblici e all’utilità collettiva. Una ripartizione di questa cifra su base demografica dice che la quota a carico della popolazione siciliana è di almeno 1 miliardo all’anno, un prezzo pagato in minore ricchezza e minori servizi. Nella legislatura europea 2014-2019 sono state approvati atti legislativi molto importanti: l’istituzione della Procura europea, primo organo dell’UE con autonomi poteri di indagine penale; la direttiva europea sulla protezione degli interessi finanziari dell’UE; il regolamento europeo sul reciproco riconoscimento delle confische, comprese quelle in assenza di condanna, grazie al quale sarà più facile togliere alle mafie le risorse patrimoniali, il cui recupero da parte delle pubbliche autorità finora non va oltre l’1,1% (dato Europol); la direttiva antiriciclaggio e la direttiva sulle autorità di intelligence finanziaria; la direttiva europea sulla tutela degli informatori che svelano casi di corruzione.

Manca ancora una definizione giuridica europea di organizzazione criminale che individui le caratteristiche essenziali del fenomeno in modo più concreto e specifico rispetto alla decisione quadro adottata nel 2008 dal Consiglio Giustizia e Affari interni. Si tratta di un presupposto essenziale per dare massima efficacia agli strumenti anticorruzione e anticrimine, sia esistenti che futuri: il quadro attuale, infatti, è troppo disomogeneo e in alcuni paesi le disposizioni specifiche per la lotta al fenomeno sono addirittura assenti. Questa riforma potrebbe aprire la strada per il riconoscimento in ambito europeo del reato di associazione mafiosa e per una legge europea antimafia. Il Centro Studi Pio La Torre ha condiviso con altre associazioni antimafia e sindacati il giudizio preoccupato e negativo sul nuovo 416ter (scambio elettorale politico-mafioso) per aver introdotto l’obbligo dell’accertamento della “disponibilità” a soddisfare gli interessi dell’organizzazione mafiosa e sul decreto Sblocca Cantieri che aprirà, se approvato, nuove e ampie possibilità di infiltrazione mafiosa. Su questa base di analisi il Centro incentra gran parte delle sue attività di ricerca e di attività per l’educazione alla legalità delle nuove generazioni. Il Centro Studi da tredici anni sul territorio nazionale promuove un progetto educativo antimafia e antiviolenza con l’adesione degli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, delle case circondariali e di gruppi universitari. Al progetto partecipano diecimila studenti che interagiscono tramite videoconferenza con i relatori scelti tra i massimi esperti italiani. Tra i risultati vanno annoverati, oltre l’indagine sulla percezione del fenomeno mafioso, la sollecitazione ai giovani di farsi carico della comprensione della complessità del fenomeno mafioso per contrastarlo e cancellarlo dal loro futuro. Non a caso, quest’anno nel 37° anniversario dell’uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, le relazioni introduttive sono state affidate ad alcuni di loro simbolicamente rappresentanti del Nord, del Centro e del Sud Italia.


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