Sono le navi che si devono adattare a Venezia, non Venezia alle navi

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Quel che tutti temevano è  successo. Una grande nave da crociera, appena passata di fronte a Piazza San Marco, imboccato il canale della Giudecca, ha perso il controllo dei motori e della direzione. Con tutto il suo peso e la sua forza è andata a sbattere contro una nave più piccola e la banchina di San Basilio. Ha anche oscillato e, alta com’ è ha rischiato di riversarsi su un fianco.

Le grandi navi che passano davanti a Piazza San Marco per proseguire poi per il canale della Giudecca sono un pericolo per la città, la navigazione della vita lagunare. L’ incidente avvenuto in queste ore (non il primo per la verità) ha richiamato l’ attenzione del mondo su una insensatezza assoluta, documentata da fotografie di mezzo mondo, segnata da anni di proteste dei cittadini: queste specie di grattacieli viaggianti, queste sono oggi le grandi navi da crociera, vanno impedite non devono fare quel percorso. E’ irresponsabile lasciarglielo fare. Il fatto che sia utile alle compagnie che quelle navi gestiscono non dovrebbe contare nulla.

Andrea Zanzotto non aveva chiesto molto all’ umanità: “un breve nitore di cellule mentali”. Quel breve nitore di cellule mentali è mancato alla classe politica che dal 2013 sproloquia sull’ eliminazione delle grandi navi da quella rotta. Deprecata e consentita. Forse non casualmente. Dietro questo traffico c’ è un business enorme. In alcuni momenti sette grandi navi ormeggiate nel porto, ciascuna con i suoi tre/quattro mila passeggeri più 1500/2000 persone di servizio. C’ è lavoro per tutti. Tassisti, fioristi (si ad ogni cambio passeggeri in ciascuna camera vengono cambiati i fiori di benvenuto), fornitori di pesce, carne, verdura, olio combustibile, donne della pulizia, fornitori di servizi. Fanno comodo ad albergatori ed affittacamere. Si dice: creano lavoro. Certo. Ma a che prezzo? Anche a Taranto quando hanno impiantato e ingrandito l’ ILVA hanno detto porta lavoro. Certo. Ma a che prezzo? Per Venezia il prezzo è la città stessa, la sua rovina.

Zanzotto in uno dei suoi versi aveva detto “vi abbaieranno le campane”. Non si riferiva a questo ma è stato profetico. Questo incidente ha fatto suonare le campane di mezzo mondo, tutti colpiti da tanta insipienza, da tanta incapacità di decidere. Un vecchio decreto dell’ autorità portuale ha stabilito che per quella rotta non potevano passare navi di un tonnellaggio superiore alle 40mila tonnellate. Ma chi ha mai fatto rispettare questo limite?!?  La nave che ha causato questo incidente superava le 60mila tonnellate. Passata regolarmente, come le altre.

Se l’ incidente è stato spaventoso (quando la nave è andata a sbattere contro la banchina il colpo è stato tale che chi abitava nelle vicinanze ha pensato a un terremoto). È dovuta alla lucidità e alla prontezza di riflessi del capitano della nave fluviale  simile a quelle che portano in crociera le persone sul Danubio e qui a Venezia risalgono il Po,  navi a due piani, lunghe un centinaio di metri e non generano un moto ondoso di un qualche rilievo. Il Capitano di questa nave fluviale (da molti media fatta passare per un motoscafo turistico, aveva a bordo 110 persone). Lui ha subito capito che quella nave gli stava andando addosso. Ha preso due decisioni rapide e geniali: ha  gridato ai passeggeri di scendere, scappare e soprattutto ha fatto togliere gli ormeggi. Questo ha fatto sì che l’ urto con la grande nave producesse un danno a poppa ma spingesse in avanti e a lato il suo battello. Se l’ avesse tenuto legato la nave di SMC gli sarebbe piombata sopra, forse l’ avrebbe affondata e noi staremmo qui a parlare di decine di morti annegati.

Naturalmente ora tutti dicono, come nel passato, via le Grandi navi della laguna. Si parla di porto offshore. Chi lo propone alla bocca di San Nicolò, chi alla bocca di Malamocco, chi a Chioggia. Ma se la tendenza è quella di crociere in aumento, di navi sempre più grandi. Se ancorate al porto offshore ci sono 7navi sarà facile sbarcare e poi imbarcare in un porto offshore per un nuovo viaggio trentamila persone?  Le emissioni delle navii non danneggeranno l’ intero litorale? Naturalmente i paladini di questi progetti (tutti disinteressati?) parlano di trasporti verso e dalla terraferma con navi e catamarani a funzionamento elettrico che non faranno onde, non emetteranno fumi. Ma in una città dove si è abbattuta la tempesta Mose, siamo tutti tranquilli nell’ imbarcarci in una nuova grande opera pubblica? Anche quando presentarono il Mose dissero meraviglie.

Quello di cui nessuno vuole parlare è un concetto molto semplice: quello di portanza. Manca alla politica e, forse, in parte agli stessi cittadini,il coraggio di stabilire un limite agli accessi. Parlare di numero chiuso è come evocare il demonio, di essere tacciati di non essere democratici. In realtà il numero chiuso c’ è dappertutto. C’ è nei teatri, sull’ autostrada, nel luogo dove è conservata l’ Ultima cena di Leonardo. Un anno sono andato a New York per festeggiare il capodanno a Time Square. Sono arrivato due ore prima della mezzanotte. Tutto sbarrato. I posti disponibili tutti in piedi erano stati prefissati nel numero che consentiva di evitare  incidenti. Fatto il pieno, porte sbarrate. Anche lì c’ era il numero chiuso. Venezia deve decidere ciò che è in grado di ospitare e ciò che non è alla sua dimensione. Deve saper dire dei no. Le compagnie aeree mettono un limite ai passeggeri che possono ospitare. E’ una questione di portanza. Se esagerano nel portare peso l’ aereo può cadere durante il volo. E’ per questo che sul numero dei passeggeri ammessi sono intransigenti.

Venezia viene consumata da un numero di turisti superiore a quelli che la città può sopportare. Per usare un brutto termine ha un eccesso di clienti. Non c’ è nessuna  possibilità di scoraggiare  un arrivo incontrollato, privo di valutazioni sulle conseguenze anche fisiche che vengono create da questa massa che si riversa sulla città? Occorre inventarsi i porti offshore. Sono le navi che si devono adattare a Venezia, non Venezia alle navi.  La tendenza è quella di fare navi sempre più grandi di portare sempre più passeggeri. Inevitabilmente si riverseranno poi su Venezia. La città ha bisogno di incrementare ancora i suoi clienti? Torni ad essere un porto normale, a misura delle sue dimensioni. Venezia non può buttare via il suo patrimonio: se stessa.


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