Il blocco dei cantieri per colpa di regole troppo stringenti non c’è.
Lo dicono i dati (Relazione annuale Anti-Corruzione), dai quali si desume che negli ultimi anni non vi è stata contrazione negli affidamenti dei lavori, se non quando si è iniziato a parlare di una revisione del codice degli appalti, con una frenata dei bandi in attesa delle nuove procedure. Insomma, nonostante l’allarme di Salvini – che vede le regole come il freno al progresso – il fermo dei cantieri è una fake-news. Le nuove maglie larghe sono invece utilissime per accontentare la grande fetta di elettorato che dalla illegalità trae profitto.
Il pensiero non detto è che se togli all’amministratore pubblico la possibilità di fare un favore alla ditta che gli ha dato soldi per la campagna elettorale, metti in crisi il settore. Idem per i subappalti. Con cui le ditte si organizzano per risarcire chi esce dalla porta della gara per non dare fastidio e poi rientra dalla finestra del subappalto come compensazione per il favore. Oppure per far lavorare chi non ha la fedina penale pulita. Ora il limite per queste manovre si è alzato al 40%, per i lavori più diffusi nei piccoli Comuni, con gli effetti distorsivi immaginabili: costi più alti delle opere, qualità più bassa e minore sicurezza sul lavoro. In un Paese già a pezzi, ci mancava pure lo “Sblocca corruzione”.
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