Ufficialmente nessuno ne parla. Nelle discussioni riservate a Palazzo Chigi e alla Camera, però, tengono banco (secondo i casi) preoccupazioni e auspici. Salvini è tentato dalle elezioni anticipate, Di Maio le teme. Per il vice presidente del Consiglio grillino è suonato l’ennesimo allarme quando la Lega ha votato assieme alle opposizioni un emendamento del Pd al decreto crescita in commissione bilancio della Camera, che ha stanziato per il 2019 altri 3 milioni di euro in favore di Radio radicale.
Il M5S e il governo si sono detti contrari e sono stati battuti. Di Maio ha tuonato: è «una cosa gravissima», la Lega «dovrà rispondere davanti ai cittadini» perché ha appoggiato «questa indecente proposta del Pd». Poi però nemmeno ha sfiorato la parola crisi: «Si va avanti» con il governo.
I contrasti tra leghisti e cinquestelle sono forti e si moltiplicano. Salvini fa pesare il trionfo nelle elezioni europee (34% dei voti), Di Maio incassa colpi su colpi dopo la disfatta (17% dei voti). Flat tax, decreto sicurezza bis, Tav, condono fiscale sul denaro custodito irregolarmente nelle cassette di sicurezza delle banche. Il vice presidente del Consiglio leghista marcia come un treno avanzando decreti e promesse. Ai leghisti che lo sollecitano a rompere l’intesa con i cinquestelle per i contrasti continui, sembra che abbia replicato con un no: «Io voglio provarci fino alla fine» a proseguire nella navigazione di governo.
Certo il patatrac è possibile. La commissione europea ha annunciato la possibilità di una procedura d’infrazione delle regole sull’euro per deficit e debito pubblico eccessivo, evitabile solo correggendo i malandati conti pubblici italiani del 2019. Se scatterà la procedura d’infrazione seguirà uno scontro furente dalle pericolose conseguenze economiche e politiche. Salvini ha già fatto capire che è pronto a tutto: il governo vuole dialogare con l’Europa ma intende «tagliare le tasse». Il Capitano, come lo chiamano i leghisti, già si è messo l’emetto da combattimento: la commissione europea «uscente, vecchia, delegittimata dal voto di milioni di europei» non può «imporre scelte o sanzioni». Aria di elezioni anticipate, dunque, in caso di sanzioni europee all’Italia.
Salvini ha un piano A e un piano B. Il piano A punta ad allargare l’egemonia del Carroccio sul governo giallo-verde schiacciando alternativamente i pedali del taglio delle tasse e della sicurezza dei cittadini. Vorrebbe confermare il predominio conseguito nel primo anno di governo che gli ha permesso di raddoppiare alle europee i voti ottenuti nelle politiche del 2018. Se fallisse il piano A subentrerebbe il piano B: crisi di governo con la responsabilità addossata a Bruxelles che “umilia” l’Italia e al M5S che paralizza il paese per i continui “no” (alla Tav, alla flat tax, alle grandi opere, ai termovalorizzatori, alle Olimpiadi). Isserebbe la bandiera sovranista contro l’Unione europea e quella dei ceti produttivi contro il Movimento 5 stelle. Alcuni pronostici danno le elezioni anticipate entro la prossima primavera, ma potrebbero scattare già a settembre.