devo fare una precisazione a proposito del mio articolo sulla visita della Digos a Report, sia perché ci sono stati successivi chiarimenti da parte delle istituzioni, sia perché il pezzo è stato frainteso e la vicenda, che lì veniva chiarita fino in fondo, anche ridimensionando la portata dell’episodio, si è ingigantita con una serie di passaparola. Mi sembra doveroso quindi fare un chiarimento, che non si può definire una rettifica, perché nulla di quanto scritto è inesatto e neanche esagerato; posso assicurarlo avendo io presenziato ai fatti. Ma non è neanche giusto lasciare un non detto rispetto a fatti che si sono verificati, positivamente, in un secondo momento.
Innanzitutto, si è chiarito che, direttamente, la Digos non era coinvolta nelle indagini: il funzionario che si è presentato a via Teulada è stato un componente della Digos per diversi anni e attualmente collabora con la Procura di Frosinone, che, ed è un fatto sicuramente positivo, vuole verificare se ci siano estremi di reato intorno alla stesura dei documenti presentati a suo tempo dalla Dignitatis Humanae Institute per ottenere la gestione della certosa di Trisulti. E a ingenerare sospetti sul vero obiettivo del mandato di acquisizione di documenti, forse è stato proprio iun atteggiamento poco pressante, che a ben vedere probabilmente dipendeva dalla consapevolezza del funzionario di PS incaricato riguardo alla delicatezza di rivolgersi a una redazione che è nota per svolgere inchieste delicate e proteggere le sue fonti in modo persino ossessivo.
Un’eccezione in un’epoca, quella che stiamo vivendo, in cui perquisizioni nelle redazioni, sequestri di pc, hard disk, telefoni, ordine di cancellare foto scattate durante manifestazioni pubbliche (è successo proprio venerdì a un fotoreporter professionista che seguiva la visita di Salvini ad Aversa) sono all’ordine del giorno e nella maggior parte dei casi non fanno notizia, se non su Articolo 21.
C’è un altro aspetto di questa vicenda che però colpisce: su diversi siti, anche molto attendibili e abituati a verificare le notizie pubblicate, il titolo della notizia rilanciata ha puntato sulla “perquisizione”, mentre era chiarito in modo indiscutibile fin dalle prime righe del nostro pezzo che, dopo il primo fraintendimento, si era chiarito trattarsi di un mandato di acquisizione di documenti, che è ben altra cosa; i cronisti d’inchiesta sanno che spesso sono loro stessi a offrirsi di fornire elementi utili alle indagini e quindi una richiesta di documenti di per sé è anche un riconoscimento di aver anticipato gli investigatori o comunque di essere a loro volta fonti per un approfondimento delle indagini. Salvo non sia un mandato a seguito di una querela di parte.
Un invito, quindi, a tutti noi che informiamo a non cadere nella tentazione del titolo ad effetto, se poi il proprio stesso testo lo ridimensiona o addirittura lo smentisce.
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