Le Commissioni Bilancio e Finanze della Camera hanno approvato (con il solo ‘no’ del Movimento Cinque Stelle) l’emendamento del Pd (a firma di Filippo Sensi e Roberto Giachetti) che ‘salva’, per ora, Radio Radicale in forza di un finanziamento di tre milioni di euro per il 2019. Il testo depositato dal Pd è stato riformulato su proposta della Lega, ciò nonostante il viceministro dell’economia, Laura Castelli, ha dato parere contrario. L’emendamento comunque è passato e punta a favorire la conversione in digitale e la conservazione degli archivi della radio.
Sospiro di sollievo per Radio Radicale e prima soddisfazione per questo risultato da parte del Presidente della Federazione Nazionale della Stampa, Giuseppe Giulietti, che da mesi chiedeva una “riflessione sul valore della democrazia insito in questa vicenda di Radio Radicale” e che, subito dopo le votazioni in Commissione, ha detto: “Siamo sulla buona strada. Ringraziamo tutti coloro che hanno accolto il nostro appello in difesa di Radio Radicale e dunque della libertà di espressione”.
Presidente, è quindi ancora possibile trovare intese larghe sui valori anche in questo momento così difficile?
“Ciò che è accaduto oggi è un evento straordinario perché il Parlamento ha riaffermato la sua centralità e libertà di voto rispetto al Governo su una materia delicatissima dove non possono e non debbono prevalere il partitismo né l’ideologismo. Voglio ringraziare personalmente i parlamentari di tutti i partiti che hanno votato l’emendamento per Radio Radicale, condividendo così ciò che la Fnsi, nonché tantissime associazioni di giornalisti e non solo, hanno detto in questi mesi. Ossia che qui non era in gioco semplicemente la sopravvivenza di un’emittente che fa servizio pubblico, un servizio pubblico molto importante peraltro, bensì si stava mettendo a rischio la libertà di informazione e di essere informati. Con la grande manifestazione del 28 maggio, cui hanno partecipato parlamentari di tutti gli schieramenti, avevamo come Fnsi sollecitato proprio questo: un passo in avanti, uno scatto d’orgoglio, la libertà di votare per un obiettivo non per casacca. E’ successo ed è molto importante”.
Quella per Radio Radicale è stata una battaglia di piazza ma anche delle istituzioni: innumerevoli gli ordini del giorno di tantissimi Comuni, le dichiarazioni dei parlamentari e poi l’autorevole e plurimo intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dell’Agcom… Insomma una vera e propria “vertenza” sociale, trasversale non crede?
L’appello del Presidente Mattarella ha fatto comprendere a tutti – tranne qualche eccezione che ancora leggo in giro sui social – quanto fosse importante continuare a garantire la pluralità dell’informazione e per questo gli si deve un ‘grazie’ ancor più sentito. L’Agcom anche era stata chiarissima e aveva invitato, appena pochi giorni fa, a fare attenzione a non cancellare la pluralità di voci invitando altresì a cercare soluzioni, perché lo spazio c’era e lo si è visto infatti”.
La battaglia è finita?
“No, certamente questo è un buon punto da cui partire. Adesso bisognerà affrontare con analoga lungimiranza, serietà e responsabilità la vicenda del fondo per l’editoria che riguarda voci importantissime dell’informazione. E mi riferisco al Manifesto, ad Avvenire e alle molte testate locali, le voci cattoliche, le voci dei territori. Non possiamo cancellare l’informazione plurale pur dovendo confrontarci con nuove sfide. Quando si parla di riforme noi siamo pronti ma non bisogna mai e poi mai perdere di vista la libertà di espressione garantita dall’articolo 21 della Costituzione. Oggi, con questo voto in Commissione, larga parte della politica lo ha capito e ne sono felice. Da domani parliamo del fondo per le cooperative dei giornalisti, nello stesso solco con la medesima passione e responsabilità.
Il Ministro dello Sviluppo Economico non molla di un centimetro. Dopo il voto ha detto che quello che è successo è gravissimo perché si è salvata una radio privata che paga stipendi da capogiro ai giornalisti. Cosa risponde?
“Che in quel post del Ministro non compare mai la parola democrazia. Mi pare sufficiente per valutare le sue parole”