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Perché ci si accanisce sulla Sea Watch 3 e la sua capitana?

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Perché ci si accanisce sulla Sea Watch e la sua capitana, Carola Rackete, quando decine di migranti arrivano indisturbati con altri mezzi? Perché sta creando un “corridoio umanitario informale”, ovvero un modo per evitare a chi attraversa il mare la barriera della sofferenza e della morte. Questo l’Europa, Italia inclusa, non lo vuole. Perché l’unico muro che può costruire sulle acque è il forte rischio di annegarvi. Allora è tutto un bloccare navi delle Ong, complicare i salvataggi, drammatizzare lo sbarco con attese di giorni e rimpallarsi responsabilità umanitaria tra stati europei, nell’indifferenza sconcia di quelli di cui le navi del volontariato battono bandiera.

L’errore è pensare che il rischio della morte possa essere un deterrente alle partenze. Non è così. La disperazione è più forte della paura. E chi è ustionato dal destino gioca la lotteria del mare, anche se ha una possibilità su cento di farcela. Meglio allora partire con veri piani di trattenimento economico nei paesi di origine dei flussi e creare corridoi umanitari organizzati a terra, non improvvisati in mare. Perché ormai è chiaro che la strategia dei porti chiusi somiglia sempre più a quella degli occhi chiusi.

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