L’Italia e l’Europa così come le intendiamo noi oggi a breve non esisteranno più? È questo uno degli interrogativi cui cerca di dare risposta Pino Aprile nel suo nuovo libro, L’Italia è finita. E forse è meglio così, edito dalla casa editrice Piemme a ottobre 2018.
Lo Stivale al centro del Mediterraneo è sempre stato un laboratorio di innovazione, come anche un territorio da dominare. Anche oggi è così, solo che la “conquista” non avviene sul campo di battaglia bensì su quello economico-finanziario. Cosa faranno gli italiani e gli europei tutti? Cederanno terreno e sovranità lasciando che l’attuale tendenza diventi incontrovertibile oppure ritroveranno il coraggio e la determinazione necessari a ogni popolo che si dichiari tale per risollevare le sorti del proprio Paese?
Con uno sguardo rivolto anche al passato, che rappresenta sempre e comunque l’origine dello stato attuale dei Paesi e dei governi, Aprile analizza ad ampio spettro le spinte separatiste che, come tanti piccoli o grandi focolai, stanno lentamente illuminando un’Europa la quale, esattamente come l’Italia, forse così tanto unita non lo è mai stata.
Un’analisi impietosa, quella condotta da Pino Aprile ne L’Italia è finita, critica e rigida ma mai catastrofica. La speranza che i popoli, prima ancora dei governi o dei vari partiti politici, si ravvedano, si mobilitino e uniti combattano per invertire il flusso separatista e divisionista sembra essere e rimanere il filo conduttore dell’intero libro.
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Tra una manciata di anni l’Italia, e forse l’Europa, non esisteranno più. Almeno come le conosciamo ora. Si spezzeranno per il fallimento della loro economia. E l’attuale governo giallo-verde potrebbe persino essere l’ultimo di un’Italia unita. Lo dicono autorevoli studi e indagini ben noti agli addetti ai lavori. Né l’una, l’Italia, né l’altra, l’Europa, reggeranno alla spinta disgregatrice: divide et impera è una massima che i mercati finanziari conoscono bene. D’altronde, già oggi l’Italia non è più la stessa, così come non lo sono gli italiani: grandi aziende, grattacieli, interi quartieri, fertili terreni, squadre di calcio appartengono ad arabi, cinesi, capitali stranieri. A noi guardano con preoccupazione – o con speranza – le altre nazioni, perché sin dai tempi della conquista romana o della diffusione del cattolicesimo, siamo il laboratorio per innovazioni che si sono propagate in tutto il continente e oltre. A volte anche nefaste. Steve Bannon, ex consulente alla Casa Bianca di Donald Trump e osannato campione dei razzisti e dei neonazisti made in Usa, lo ha detto chiaro e tondo: «Roma è al centro della politica mondiale. L’Italia fa paura». Lui è di quelli che lo sperano. Unita, in realtà, l’Italia non lo è mai stata. È piuttosto il risultato di un’operazione scellerata di saccheggio e conquista, che ha distrutto un Sud proiettato nel futuro industriale e attuato un vero e proprio genocidio per “convincere” i riluttanti meridionali. È questa la crepa, mai sanata, che si allargherà fino a inghiottire tutto l’edificio dell’Italia unita? Mentre collanti storici come la Chiesa perdono terreno, ovunque rinascono comunità non statuali che trovano altrove la propria identità. Ma forse, come insegna il Rinascimento, proprio nelle tensioni e nelle divisioni gli italiani danno il meglio.
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Come per gli altri testi scritti da Aprile, anche ne L’Italia è finita l’autore non manca di sottolineare gli errori commessi e protratti per oltre centocinquanta anni ormai. I pregiudizi ancora imperanti. L’ignoranza palese verso alcune tematiche che si è preferito non indagare mai veramente fino in fondo. Come sempre, Aprile le sue fonti, soprattutto documentali, le cita per esteso.
Non dichiara mai di avere la soluzione per i problemi esposti, bensì di cercarne una valida. Una ricerca che deve necessariamente partire da interrogativi, quesiti, domande per arrivare poi all’analisi delle risposte e delle eventuali proposte.
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PINO APRILE giornalista e scrittore, pugliese residente ai Castelli Romani, è stato vicedirettore di Oggi e direttore di Gente. Per la Tv ha lavorato con Sergio Zavoli all’inchiesta a puntate “Viaggio nel Sud” e al settimanale del Tg1, Tv7. È autore di saggi accolti con successo e tradotti in diversi paesi. Terroni, uscito nel 2010 e diventato un vero e proprio caso editoriale, e i successivi Giù al Sud, Mai più terroni, Il Sud puzza, Terroni ‘ndernescional e Carnefici, hanno fatto di Aprile il giornalista “meridionalista” più seguito in Italia, riconoscimento che gli è valso molti premi, tra cui il Premio Carlo Levi nel 2010, il Rhegium Julii nello stesso anno e il Premio Caccuri nel 2012. A New York è stato proclamato “Uomo dell’anno” dall’Italian Language Inter-Cultural Alliance.