La Sea Watch forza il blocco e va in scena il triste spettacolo dei sovranisti

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Che triste spettacolo quello offerto da due esponenti politici di primo piano nelle loro invettive dentro la telecamerina dello smartphone, mentre se ne stanno comodamente seduti a qualche scrivania circondata da aria condizionata bloccata a 20 gradi, rilassati e protetti. E da quelle postazioni confortevoli condannano il capitano di una nave che sta portando in salvo 42 esseri umani nell’unico modo possibile, ossia avvicinandosi ad un porto per attraccare. Sotto questo sole bruciante, con temperature altissime, senza più cibo né acqua potabile, medicine e tutto questo dal vivo, non in una riproduzione elettronica. La Sea Watch ha forzato il blocco ed è arrivata davanti al poro di Lampedusa non per sfida ma perché era inevitabile in quella lotta tra la vita e la morte. L’immagine della giovane comandante Carola Rackete che spiega la sua scelta fatta nella consapevolezza di rischiare l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e quella, per contrasto, del Ministro dell’Interno che da una stanza col condizionatore la definisce “sbruffoncella”, sono il riassunto inverosimile eppure reale di quanto sta succedendo. La solidarietà contro l’arroganza, la battaglia per la vita contro i proclami, l’affermazione dei diritti contro la boria. Se a questa scena si aggiunge il videomessaggio del leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che invita ad “affondare la nave” il quadro, desolante, di una politica che vive solo sui social e di spot retrivi è completo. Sarà inevitabile una spaccatura proprio sui social tra sostenitori della scelta del capitano e seguaci dei due politici sovranisti italiani. Sarà inevitabile anche che la Rackete sia indagata per aver favorito l’immigrazione clandestina in Italia di 42 poveri affamati e stremati dal caldo. Ma poi, di tutto questo cosa resterà domani? Tra un anno? Tra dieci anni, quando lo scenario europeo ed internazionale sarà molto probabilmente assai diverso da quello attuale? Resteranno certamente i videomessaggi di Salvini e Meloni, così violenti e irreali, così strumentali e tanto, ma tanto, climatizzati in un torrido pomeriggio di giugno 2019.


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