In una Nazione che ha il più alto tasso di corruzione in Europa, la magistratura non poteva essere immune. Del resto che il CSM fosse un luogo ove la politica prevale spesso sul merito lo sappiamo dai tempi di Giovanni Falcone. Da allora, forse oggi Palazzo dei Marescialli vive una profonda crisi. Sullo scandalo delle nomine pare che altri due consiglieri togati si siano autosospesi: si tratta del presidente della Commissione per gli incarichi direttivi Gianluigi Morlini di Unicost e di Paolo Criscuoli di Magistratura Indipendente. Uno tsunami che sembra segnare l’ora più buia per il Csm e di cui nessuno nasconde i pericoli. Siamo di fronte alla crisi di un potere che godeva dei più alti consensi da parte dei cittadini. Dopo gli scandali dei tempi di Falcone e Borsellino questa rappresenta una «ferita profonda» e «dolorosa» soprattutto per quei cittadini onesti che riponevano la loro fiducia nell’operato dei magistrati. Siamo di fronte a un passaggio cruciale: o riscattare con i fatti il discredito che si è abbattuto sui magistrati e sulla loro nomine o rischiare il crollo dell’unica garanzia rimasta a presidio della legalità in questo Paese.
Giochi di potere e corruzioni non possono più disonorare l’operato del Csm. È necessario espellere il virus delle degenerazioni correntizie. Il Csm deve essere il luogo dove prevalgono i meriti e non le raccomandazioni. Altre soluzioni oltre questa non esistono. Il che si traduce in nomine fatte con la rigorosa osservanza del criterio meritocratico, curriculare e con opportuni approfondimenti istruttori e motivazioni adeguate, accertando le competenze tecniche dei candidati. Un CSM dove Giovanni Falcone sarebbe stato senza se e senza ma Procuratore nazionale antimafia e non umiliato e escluso. E’ indispensabile che i magistrati onesti prendano le distanze da comportamenti, anche se non fossero penalmente rilevanti, che gettano «discredito» sulla magistratura e sul Csm. Occorre riaffermare con i fatti l’autorevolezza del Consiglio superiore della magistratura altrimenti lo stesso è spacciato. La delicatezza della situazione impone di eliminare ogni ombra sull’istituzione presidio di legalità del nostro sistema Giustizia. Se i magistrati non intraprenderanno la strada di un serio, profondo, radicale percorso di revisione critica e autocritica, di riforma e autoriforma dell’autogoverno il CSM così com’è non ha più senso di esistere.